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Nuovo terremoto per il vino. Gli Stati Uniti vogliono un’etichetta sul rischio cancro come quella delle sigarette

Negli Stati Uniti le bevande alcoliche potrebbero presto riportare etichette che avvertono i consumatori sui rischi di cancro, alla stregua di quella già introdotta in Irlanda, e come succede per le sigarette. A proporlo è Vivek Murthy, Surgeon General degli Stati Uniti, che ha lanciato un monito destinato a cambiare il rapporto tra alcol e salute pubblica. Il capo operativo della sanità stelle e strisce ha infatti emesso un nuovo parere che metterebbe in guardia dal consumo di alcol, vino incluso. L’assunzione di alcolici – si legge nell’avviso – aumenterebbe infatti il rischio di sviluppare sette tipi di tumori perché «non esiste una dose sicura di alcol che elimini completamente questo rischio». Un motivo in più, secondo Murthy, per richiedere una revisione delle linee guida. La notizia arriva come una doccia fredda per l’intera filiera vitivinicola, già col fiato sospeso per dazi Usa annunciati dal neopresidente eletto Donald Trump. Tanti titoli delle aziende del settore crollare in Borsa dopo l’annuncio, da Campari che a Piazza Affari cede il 3,8% a Remy Cointreau che perde il 4,3%, passando per Pernod Ricard a – 2%, Diageo a – 2,4% e AB InBev a -1,9%. Al momento, non è chiaro se la nuova amministrazione Trump, che si insedia alla Casa Bianca il 20 gennaio, sia dello stesso avviso e quindi porterà avanti la proposta.

L’allarme del Surgeon General 

Secondo il dipartimento della salute americano, il consumo di alcol è la terza causa prevenibile di cancro negli Stati Uniti dopo il fumo e l’obesità, contribuendo ogni anno a 100mila casi di tumore e 20mila decessi correlati. «Il consumo di alcol aumenta il rischio di almeno sette tipi di tumori», ha spiegato Murthy, menzionando specificamente il legame diretto per almeno sette tipi di cancro, tra cui tumori del seno, del colon-retto, dell’esofago, del fegato, della cavità orale, della faringe e della laringe, indipendentemente dal tipo di alcol consumato quali birra, vino e liquori. Ecco perché la richiesta, oltre alle etichette sulle bottiglie, è una vera e propria revisione delle linee guida sui limiti di consumo di alcol, per permettere alle persone di soppesare il rischio di cancro quando decidono se o quanto bere, alla stregua delle sigarette.

Il parere degli oncologi

Il consumo di alcolici è responsabile di 100mila casi di cancro negli Stati Uniti e di 20mila decessi per cancro ogni anno, più dei 13.500 decessi per incidenti stradali associati all’alcol, ha riferito il surgeon general. Per alcuni tumori, come quelli al seno, alla bocca e alla gola, le prove dimostrano che il rischio di sviluppare il cancro può iniziare ad aumentare con circa un drink o meno al giorno. Tuttavia, per Francesco Perrone, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) questo non è certo uno scoop. «Non è una novità che l’alcol sia un fattore di rischio per il cancro. Non è il primo della lista perché fumo e sovrappeso sono più rilevanti, ma rimane senza dubbio un pericolo». Ciò che  rappresenta una svolta – sostiene Perrone – «è la richiesta di una comunicazione esplicita attraverso le etichette che ad oggi sono sostanzialmente riservate al fumo In un paese civile che vuole fare educazione e che vuole tutelare la salute dei cittadini è bene segnalarlo come sta accadendo adesso negli Stati Uniti».

Le reazioni del comparto

Di parere diverso è Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione Italiana Vini, che ha criticato quella che definisce una “fuga in avanti” da parte del dipartimento sanitario americano. «Il vino, consumato con moderazione, rappresenta un elemento della cultura mediterranea, ben diverso dagli altri alcolici», ha dichiarato all’Ansa, sottolineando l’importanza di distinguere tra tipologie di bevande alcoliche e modalità di consumo. «Non facciamoci travolgere dalla paura, la strada per le linee guida Usa con gli alert per la prevenzione dei rischi di cancro – sostiene – è lungo».

A rischio 2 miliardi di export

Ad essere evidenziati dal presidente Uiv anche i potenziali rischi economici per i produttori di vino italiani, dato che gli Stati Uniti rappresentano un mercato cruciale, con un valore delle esportazioni italiane di vino che supera i 2 miliardi di euro all’anno e rappresenta un quarto del valore complessivo dell’export tricolore.

Il presidente Uiv ha sottolineato che eventuali etichette di avvertimento potrebbero colpire non solo i produttori europei, ma anche i produttori di vino americani, dato che il consumo di vino negli Stati Uniti è relativamente elitario e si attesta su livelli più bassi rispetto ad altre bevande alcoliche. «Il 2025 sarà per il nostro settore un anno cruciale negli Usa – osserva Frescobaldi – su cui insistono due elementi di preoccupazione. Da una parte gli Stati Uniti dovranno aggiornare le proprie linee guida per il consumo di alcolici, dall’altra la questione dazi potrebbero avere un peso importante per i produttori europei nel primo mercato di vino al mondo».

Per l’Italia del vino, quindi, tra dazi e alert in etichetta, l’anno inizia all’insegna dell’attesa: ci sarà da aspettare la decisione dell’amministrazione Trump. Solo il Congresso potrà infatti imporre una stretta sugli alert delle etichette, ma al momento non è chiaro se il Tycoon, che si proclama astemio dopo la morte del fratello proprio a causa di una dipendenza da alcol, sia favorevole o meno.

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Written by Gambero Rosso

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