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Vendemmia, scocca l’ora del Molise: giù le rese, uve sane e e promettenti

La vendemmia 2024 si conferma una delle più precoci degli ultimi anni. Dopo Sicilia, Basilicata, Puglia ed Emilia Romagna, con qualche settimana rispetto agli anni passati, anche in Molise cominciano a raccogliere le uve. Complice il cambiamento climatico e giornate che diventano sempre più calde. Per quanto riguarda il raccolto, si registra una resa produttiva inferiore, ma l’ottima qualità del raccolto è motivo di un cauto ottimismo tra i viticoltori.

Sommario Rapido dei Contenuti mostra

Cambiamento climatico

Tra i filari del Basso Molise si raccolgono la varietà di uve a bacca bianca come Pinot Bianco e Chardonnay. Partita con un netto anticipo rispetto alle tempistiche consuete la vendemmia è iniziata circa tre settimane prima. Il risultato di questa spostamento di data di inizio vendemmia è da imputare alle condizioni climatiche in evoluzione. Il caldo si è fatto sentire, la regione ha visto un periodo di oltre 30 giorni in cui la temperatura è stata costantemente elevata con picchi che hanno ampiamente superato i 30 gradi. Il piccolo ma compatto settore produttivo molisano si sta però dimostrando resiliente, nonostante un clima sempre più difficile. E guarda al futuro con un pizzico di ottimismo. 

Uve sane

«È stata una primavera e un inizio di estate asciutta e questo ha evitato lo sviluppo di problemi fitosanitari in vigna e ci aspettiamo nel Molise centrale e in tutte le aree della regione una vendemmia qualitativamente e quantitativamente soddisfacente» dice al tgr Molise Michele Lauriola proprietario della Cantina Herero a Campobasso. Una vendemmia che si apre in maniera opposta a quanto registrato lo scorso anno, in cui le copiose precipitazioni tra maggio e giugno avevano favorito l’insorgenza della peronospora tra i vigneti e ha danneggiato in maniera grave le viti nel Basso Molise. Se da una parte si sorride rispetto a un raccolto che si sta dimostrando qualitativamente promettente, dall’altro rimangono ai viticoltori alcune preoccupazioni che riguardano i pericoli in agguato. «Adesso gli incubi si chiamano “grandine” e, sopratutto nelle zone più interne, danni da fauna selvatica, sopratutto dai cinghiali», chiosa Lauriola.

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Scritto da Gambero Rosso

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