La famiglia Cordero, originaria di Castiglione Falletto, ha acquisito nel 2019 la storica tenuta Podere San Giorgio. I terreni vocati delle colline di Santa Giuletta, riorganizzati, coltivati in modo sostenibile e circondati da un bosco secolare di querce, danno vita al Tiamat, un Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese che con l’annata 2020 si aggiudica i primi Tre Bicchieri aziendali.
L’epopea dei Cordero: dalle Langhe all’Oltrepò Pavese
La Tenuta San Giorgio affonda le sue radici nel tempo: a testimoniarlo in maniera evidente, è la torre merlata risalente al XVI secolo che campeggia, quasi intatta, sul cortile dell’azienda, affiancando il nucleo principale della struttura. Recentemente è stata acquisita da una famiglia piemontese, protagonista delle viticultura in Langa con un marchio che ha fatto la storia di quel territorio: stiamo parlando dei Cordero, co-proprietari, fino a poco tempo fa, di Vietti, attualmente passata nelle mani del gruppo americano Krause. “Siamo un’azienda giovanissima; siamo arrivati a Santa Giuletta nell’agosto del 2019″, spiega Caterina Cordero: “veniamo da un passato nelle Langhe importante ma abbiamo deciso di cambiare: cambiare zona, cambiare varietà di riferimento. Innamorati del pinot nero, abbiamo optato per una delle sue culle italiane, l’Oltrepò Pavese. È il motivo per cui siamo arrivati qui. Abbiamo deciso di affrontare un nuovo “drago”, una nuova sfida, come illustrato sulle nostre etichette”. Il percorso è abbastanza inusuale: “sappiamo che è poco comune lasciare le Langhe per iniziare a produrre in un’altra zona, ma volevamo crearci una nostra storia, una nuova storia. Ci siamo innamorati di queste colline che ci ricordavano quelle di casa: abbiamo iniziato a cercare e poi abbiamo iniziato la nostra attività”. Il plurale è d’obbligo perché alla guida dell’azienda, con Caterina, ci sono i suoi fratelli, entrambi enologi, Lorenzo e Michele, “ma possiamo contare sull’appoggio, la guida e l’esempio di nostro padre Mario, uno dei due proprietari della precedente azienda che avevamo in Langa: la sua esperienza è preziosa“.
Tra le vigne di Santa Giuletta
Oltrepò Pavese e pinot nero sono ormai un connubio inscindibile dalla seconda metà del XIX secolo: con oltre 3000 ettari riservati a questa varietà, il vigneto dell’Oltrepò Pavese è il primo in Italia dedicato al vitigno, terzo in Europa dietro ai due mostri sacri di Champagne e Borgogna. Tra queste colline a sud del Po, il pinot nero assume diverse facce, tante quanti sono i suoli sui quali insiste, a volti calcarei, a volte marnosi, altre gessosi. Santa Giuletta si trova su una zona dove primeggiano rocce calcaree limoso-argillose con alternanza di arenarie e sabbie, “una zona bellissimama ancora da scoprire e valorizzare“.
E c’è già il fermento giusto: “il merito va soprattutto ai colleghi produttori, dai quali abbiamo ricevuto un supporto fondamentale fin dai primi giorni. Ci hanno accolti benissimo e si è creato un positivo confronto con molti di loro. È un territorio un po’ più selvaggio rispetto alle nostre Langhe, con tante aree boschive che rappresentano un sicuro vantaggio dal punto di vista della biodiversità. Gli ettari vitati attualmente in produzione sono una quindicina” continua “ma ci sono circa cinque ettari non ancora produttivi. Poi abbiamo in affitto altri 17 ettari a Rocche de’ Giorgi, un’area con altitudini più elevate adatte alla produzione di vini bianchi e basi per spumanti. Ma abbiamo continuato a tenere anche un piede a casa, a Castiglione Tinella, la terra di mio padre, dove abbiamo cinque ettari e mezzo (combinazione, proprio in località San Giorgio) da cui produciamo Moscato d’Asti”.
I vini e il Tiamat ’20
Chi ha sfogliato la Guida, si sarà accorto che nella griglia non compaiono gli spumanti Metodo Classico tipici della zona. Il motivo è presto detto: non li abbiamo ancora assaggiati: “sono ancora a riposo. Nella prima vendemmia non li abbiamo proprio realizzati perché siamo arrivati ad agosto e dovevamo ancora organizzarci. Abbiamo iniziato l’anno successivo con un pinot nero in purezza che però è ancora in cantina. È un progetto sul quale non abbiamo ancora esperienza, quindi rappresenta un’ulteriore sfida; non vuole essere il nostro focus, ma è certamente un omaggio a questa nuova terra che ci ha accolto e alla sua prestigiosa tradizione spumantistica”.
Invece abbiamo assaggiato, e con molto piacere il Tiamat ’20, il Pinot Nero che ha portato in casa Cordero i primi Tre Bicchieri: è un modello di gioventù e freschezza, fragrante di piccoli frutti neri e menta, dal tannino gentile, ricco di slancio e sapore, dal finale nitido e persistente, un rosso figlio di un paradigma stilistico contemporaneo, diverso da molti Pinot Nero della zona, spesso più ricchi e concentrati: “sicuramente cerchiamo di produrre ciò che ci piace. Non faremmo mai un prodotto che non ci entusiasma. Il nostro modo di lavorare passa esclusivamente tramite la valorizzazione di ciò che la terra ci offre. Abbiamo la fortuna di avere dei bellissimi vigneti che lavoriamo con cura e attenzione. È la nostra impostazione. Mio fratello Lorenzo ha fatto diverse esperienze internazionali col Pinot Nero, mentre Francesco si è più dedicato all’azienda piemontese: questa combinazione di esperienze ha portato alla realizzazione dei vini che produciamo e di questo stile“. Seconda annata di produzione e subito un premio importante: “la sorpresa, oltre al premio, c’è stata soprattutto nel riceverlo sul vino che dovrebbe essere considerato d’entrata. Ma Tiamat è tutt’altro che un vino d’entrata: è il vino che ci deve rappresentare, è il nostro portabandiera. Nostro padre ci ha sempre detto che bisogna essere forti e sani dalle fondamenta: per noi è stato emozionante constatare che siamo riusciti a mettere in pratica questo suo consiglio”.
a cura di William Pregentelli
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