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“Avevo 15 anni la prima volta che ho mangiato da Ermes”. Un vecchio cliente riporta in vita una mitica trattoria di Modena

Gabiàn, ti chiamava così Ermes Rinaldi, che a Modena vuol dire scemotto, ma per lui significava soprattutto amico. Perché quell’appellativo era riservato ai suoi ospiti, amici più che clienti, accolti con benevolenza nella trattoria che porta il suo nome ancora oggi che Ermes se ne è andato da quasi due anni. Ma il suo ricordo no, quello è rimasto incollato al suo locale e alle persone che l’hanno incontrato nel corso della sua vita, con il suo fare burbero e il sorriso pronto a sbocciare da un momento all’altro. Con lui c’era sempre Bruna, che dalla cucina riempiva stomaco e cuore con quei suoi piatti che si dispiegavano seguendo un calendario fisso: mercoledì pasta e fagioli, venerdì pesce, frittelle di baccalà e spaghetti al tonno, domenica agnello. Un andamento rassicurante almeno quanto le sue pacche sulle spalle, scappellotti affettuosi che dispensava per tutti, il buon Ermes.

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Ha lasciato un segno indelebile nella storia della città, al punto che qualche tempo dopo il suo saluto a questo mondo, Modena l’ha voluto ricordare celebrandone la memoria, sua e della sua Bruna, con un documentario e un libro. Due lavori che sono ricami affettuosi, memorie distillate in parole e immagini finite pure alla Camera dei Deputati per onorare la memoria di Ermes, «ma anche per il valore universale che ha una storia come questa» come dice Angelo Giovannini, autore insieme a Francesco Battaglia del libro Le ricette della Bruna. Ermes: una storia d’amore e trattoria (Artioli 1899 ed). Un volume che racconta la storia di Ermes e di Bruna già prima di loro, affondando nelle loro radici, tra parole e immagini del tempo che fu, circa 150 foto raccolte dagli archivi familiari di amici e parenti. Al presente ci pensa invece il documentario Ciao Gabiàn di Fabio Fasulo e Vincenzo Malara, che chiama in causa i tanti che hanno frequentato la trattoria. Gente comune e volti noti, come quello di Vinicio Capossela o del sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli. Tanto per Ermes erano tutti sullo stesso piano.

A ognuno dedicava le sue attenzioni con uguale ruvida generosità. Per tutti valeva la regola: si aspetta fuori che si liberi un posto, così non c’era giorno che non si creasse la fila alla porta, anche se poi sapeva quando era il caso di fare qualche eccezione, e non per gli ospiti più in vista, ma per chi aveva davvero un’esigenza. E ci si sedeva dove c’era posto. Guai ad avere pretese o richieste speciali. Da Ermes si era prima di tutto famiglia, comunità, casa, e in casa così si fa, ci si riunisce intorno al tavolo dove si stringono legami e nascono amicizie, o amori. Era il suo bello: erano tutti uguali qui da Ermes e si sedevano insieme, professori universitari, muratori, musicisti di passaggio.

Ci si veniva all’ora di pranzo a mangiare dalla Bruna come si va a casa della mamma, con quella cucina che sapeva giocare sull’equilibrio insondabile tra il molto basso e il molto alto, come racconta Claudio Stefano dell’acetaia Giusti in video. Una cucina che oggi si direbbe che ti sblocca un ricordo, che appanna i vetri nei giorni più freddi con il calore dei piatti e dei gesti. Lo dice anche Vinicio Capossela nel doc: «I bar e le osterie hanno costituito nel tessuto sociale una seconda famiglia, un senso di casa e appartenenza» quello che da Ermes rispondeva a un codice preciso, una parola d’ordine: Gabiàn.

E la trattoria Ermes oggi?

Oggi c’è una nuova gestione ma, come si suol dire, nel segno della continuità. Il testimone l’ha raccolto Alessandro Dolcini, che non solo continua la storia cominciata dai precedenti proprietari, ma ne è parte egli stesso: «Avevo 15 anni e venivo a mangiare con gli amici come si va a pranzo dalla nonna» racconta Dolce, come lo chiamano qui. Gli ultimi 10 anni passava quasi ogni giorno, e quella costanza gli ha regalato un posto nel tavolo degli amici, un tavolone sociale in cui si trovavano persone ben più grandi di lui. C’era una gerarchia, questione di rispetto per gli adulti. «Una volta scherzando chiesi se serviva una mano a sparecchiare». Anni dopo hanno offerto proprio a lui di portare avanti lui questo locale. L’ha rilevata l’8 gennaio 2023.

Da allora poco è cambiato, manca Ermes, ovviamente, e manca Bruna pure se è al piano di sopra e ogni tanto si affaccia per portare il suo contributo e il suo spirito. Dolcini dato una mano di vernice dove serviva, rinnovato le tovaglie, cambiato i tavoli, lasciandone uno solo grande, di quelli dell’amicizia. La cucina del pranzo è rimasta la stessa, con il calendario quotidiano che gira come un tempo, ha introdotto qualche prodotto nuovo, trovato qualche altro produttore, la sostanza però è rimasta la stessa, «la cuoca sta qui da 20 anni» fa Alessandro, che aggiunge «qui si porta avanti lo stesso concetto di lavoro e famiglia, e quegli stessi valori. Per esempio mangiamo tutti insieme, come era con Ermes». Per il resto è tutto quasi uguale: «Non potrei mai essere come Ermes, ma devo portare avanti la loro tradizione, quel modo di far sentire le persone a casa». Non è facile: «Mamma mia che responsabilità ti sei preso, mi ha detto il Bottura». Anche lui, come tutti i modenesi, conosceva Ermes e la cucina della Bruna, che è così collegata alla storicità modenese.

Entrare in un locale dalla storia così sentita è stata la prima scommessa, per Dolcini, la seconda è stata aprire anche la sera «pensavo l’avrei fatto un anno dopo, ma ci sono riuscito prima, appena trovato altro staff». A cena la tradizione modenese trova nuove espressioni: la tagliatella non è con il ragù classico, ma con uno bianco di coniglio battuto al coltello o con lo stracotto di asino, la pasta ripiena è un tortellon ricotta e spinaci che chiama vecchia Modena, con crema di formaggio pancetta aceto. «Alcuni sono piatti totalmente diversi, ma stanno portando buonissimi risultati». Nel frattempo la clientela storica continua a venire, nomi noti e gente comune, spesso si affaccia qualcuno – straniero soprattuto – che è stato qui 15-20 anni fa; tutti hanno una foto, a testimoniare l’affetto contagioso che Ermes portava con sé «era un precursore degli influencer, non credo di aver mai visto così tante foto di un uomo» scherza Alessandro. I piccoli cambiamenti, inevitabili, saltano subito agli occhi come la prenotazione, oggi possibile. Qualcuno dei clienti storici un po’ se ne rabbuia, perché l’attesa fuori faceva parte del fascino, qualcuno invece si lamenta del prezzo, aumentato di qualche euro, «mi ci sono dovuto confrontare anche io, ma ho delle spese in più, loro erano proprietari delle mura, io pago un affitto e ho più dipendenti. Ho dovuto aumentare un po’». Quanto? «Siamo a 22 euro con primo secondo coperto acqua e caffè». Ermes sorriderebbe di questo aumento, probabilmente, rispondendo con una pacca e un vien qui Gabiàn!

Trattoria Ermes – Modena – via Ganaceto, 89 – 351 3655551

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