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“Non è vero che paghiamo poco per guadagnare tanto”. Intervista a Benny Gili, ristoratore e balneare di Fregene

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Sono passati 18 anni dall’approvazione della direttiva Bolkestein che chiede ai Paesi membri dell’Unione europea di mettere a bando periodicamente le concessioni demaniali, eppure ancora la questione è in alto mare con un tira e molla che pare non voler finire. I tempi strettissimi che si profilavano all’inizio dell’anno per dare risposte all’Ue, sono stati superati, ma ancora una risposta definitiva non c’è stata. C’è stata, invece, la sentenza del Consiglio di Stato che ha stabilito che le concessioni sono già scadute e ogni proroga alla fine del 2024 è illegittima. A nulla è valsa la tanto pubblicizzata mappatura delle coste del Governo Meloni, che in molti hanno giudicato non aderente alla realtà. Nel frattempo la stagione è cominciata senza alcuna certezza su cosa riserverà il futuro, in una situazione di stallo che non fa stare tranquilli gli addetti ai lavori, anche se c’è stato chi, come il governatore Luca Zaia, ha voluto battere tutti sul tempo e recepire la direttiva: in Veneto le prime concessioni sono state messe a bando a febbraio con la vittoria dei nuovi imprenditori su quelli uscenti anche grazie a un importante piano di investimenti. È un episodio per ora isolato.

Ora i balneari sul piede di guerra hanno proclamato una serie di scioperi per protestare contro la mancanza di una legge che tuteli la categoria. La protesta, che è più un gesto simbolico che un ammutinamento dato che ritarda l’apertura di sdraio e ombrelloni alle 9,30 del mattino, è fissata per l’8 e il 9 agosto. Altre proteste continueranno nel mese di agosto. «Ci stiamo organizzando – spiega Benny Gili, dello stabilimento e ristorante La Baia di Fregene – per una volta siamo uniti, anche perché la paura è tanta per tutti». È il momento di mettere da parte le storiche divisioni tra sigle e realtà diverse e lavorare insieme «l’unico pensiero è cercare di portare a casa il risultato ed evitare la messa al bando». La preoccupazione è tangibile: qui c’è il lavoro di una vita e un’attività che in piena stagione impiega 40 dipendenti, fino a poco fa nessuna nube all’orizzonte dato che la proroga per La Baia scade tra 9 anni. Come mai così tanto? «Quando uscì la legge 145 i comuni dovevano verificare che gli stabilimenti fossero in regola con tutte le norme e in ordine con i pagamenti. Qui era tutto a posto e dopo il controllo ho avuto l’assegnazione fino al 2033». E ora? «In teoria dovrei stare tranquillo, perché anche se il Consiglio di Stato ha bloccato le proroghe, pare che chi le aveva ottenute dal comune non dovrebbe andare al bando». In pratica invece non c’è certezza assoluta. Quindi, mentre si aspetta di capire meglio, ognuno si rimbocca le maniche, con la protesta, certo, ma anche mettendo in atto altre iniziative, preparandosi al peggio: «a ottobre devo avere le mie risposte, ma se ci fosse la messa al bando spero in un indennizzo congruo: sto parlando con architetti, avvocati, commercialisti che porteranno i loro documenti al notaio che dovrà depositare il valore commerciale e dell’immobile». E allora? «Sto registrando il marchio: La Baia è ormai un brand, che fa un certo tipo di lavoro e ha un certo fatturato, non si può buttare via».

Il chiosco de La Baia di Fregene

Quale durata per le nuove concessioni

Il problema reale, però, è non si sanno neanche i criteri del bando, a partire dalla durata della concessioni. Non è un tema secondario: molte strutture risalgono al secolo scorso, si tratta di edifici di grandi cubature ormai in regola su cui non si può intervenire se non facendo una costante manutenzione e richiedono un bell’investimento economico per avviarle. «Come fai a subentrare, mettere in moto una struttura del genere, comprare le attrezzature necessarie con investimenti di centinaia di migliaia di euro e poi andare via uno o due anni dopo? E che fai, porti via tutto e chi viene dopo di te deve cominciare da capo? Non sei mica un chiringuito, con strutture del genere servono almeno 5 o 6 anni, ma a questo punto non sarebbe più quello che chiede l’Europa»

Il costo delle concessioni

Ritoccare il costo delle concessioni sarebbe una strada percorribile? «Non mi sono mai opposto agli aumenti, non ho mai fatto ricorsi, anzi, ho sempre detto che pago poco, ma se fosse questo il problema avremmo già risolto perché credo che tutti saremmo disposti a pagare di più». La questione dei prezzi delle concessioni è stata un boomerang secondo Gili, perché ha fatto crescere un risentimento nei confronti della categoria, «se a tempo debito avessero portato i prezzi a un livello giusto – dice – non sarebbe così: tutti ora ci vedono come quelli che pagano poco allo Stato per concessioni che fruttano tanto». Ma è proprio così? «Non più: Fregene è vuota, in spiaggia vedi tanti ombrelloni chiusi, e tanti ristoranti sono pieni solo il fine settimana. Noi siamo fortunati perché lavoriamo tanto, ma se non ti inventi delle cose, che sia l’aperitivo, un buon ristorante o la piscina per i bambini, non vai avanti. Non è più come 25-27 anni fa che le spiagge erano sempre affollate». Ma se nonostante tutto ci fosse la messa al bando c’è un piano B? «Certo: il camper».

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