Scalda i motori per la riapertura Ernesto Iaccarino, che il 27 maggio riapre le porte del suo Don Alfonso, il ristorante Tre Forchette del Gambero Rosso a Sant’Agata ai Due Golfi. “Siamo pronti” fa Ernesto, ormai saldamente al comando della cucina, dove ha raccolto il passaggio del testimone da papà Alfonso. Hanno atteso un mese, dal via libera di aprile, pur potendo contare su ampi (e bellissimi) spazi esterni, anche sulla scorta di quanto sperimentato nel resto del mondo: quella in Penisola Sorrentina è la casa madre di un gruppo che ormai conta diverse sedi, in Italia e all’estero. Ernesto, dunque, può contare su una visione panoramica del dopo pandemia: “a Macao siamo operativi, la Cina è stata la prima a ripartire” racconta: “è quasi un anno che è tutto aperto, ormai senza distanziamento. C’è grossa tranquillità: è tutto come prima, e anche le mascherine già le usavano, anche a Saint Louis siamo aperti, in America la situazione a partire da marzo si sta normalizzando e le persone stanno ricominciando a vivere, Toronto invece è lì lì per riaprire”. Unica ferma, la Nuova Zelanda: “anche se ci pochissimi casi, sono ancora chiusi, e nessuno può entrare o uscire dal paese”.
La riapertura 2021 del Don Alfonso
“Lo scorso anno siamo partiti un po’ sottodimensionati, anche perché c’erano molte incertezze su come sarebbe andate le cose, adesso invece la brigata è al completo”, che significa 24 persone, solo in cucina, “solo 4 o 5 ancora non sono vaccinati, per loro facciamo tamponi ogni 15 giorni”. Le aspettative, per questa seconda stagione post Covid, sono buone: “siamo fortunati perché facciamo questo mestiere da qualche anno ormai, e abbiamo tanti clienti storici”, tanto che la vigilia segna già un tutto esaurito per i prossimi giorni: “abbiamo dovuto bloccare le prenotazioni, troppe richieste per i numeri che possiamo fare, anche perché” aggiunge “nella la prima settimana non vogliamo superare i 40 coperti, per carburare bene all’inizio della stagione”, aumentando poi il numero di posti nei giorni successivi, fino ai 60-70 che consente il distanziamento. Una ventina di meno rispetto al passato, tant’è, l’importante è ripartire: “lo scorso anno i 3 mesi in cui siamo stati aperti abbiamo lavorato bene, pieni tutte le sere, anche se con un numero minore di coperti. Ci aspettiamo una buona stagione anche quest’anno, nonostante tutto”. I presupposti per ben sperare ci sono tutti: fioccano le prenotazioni per le stanze e per il ristorante, che si presenta rinnovato “abbiamo fatto molti lavori: dalle aiuole alle stanze agli esterni”, un impegno importante, nonostante l’anno complicato. L’investimento per queste migliorie? “Più di 100mila euro”.
I nuovi piatti del Don Alfonso
I clienti storici, quando arrivano, vogliono provare i piatti nuovi, sono 7 quest’anno, a comporre un mini menu che si fa largo tra qualche creazione storica, come gli inossidabili paccheri o gli strascinati di Nonno Ernesto ripieni di vitello irpino, “ma la maggior parte, ormai, sono piatti nati dopo il 2012”. Proposte sempre più centrate su un’idea di cucina mediterranea capace di accogliere ed elaborare nuove suggestioni: “la cucina è soprattutto contaminazione ed evoluzione, è quella la vera essenza del cibo” aggiunge Ernesto, che ci presenta i nuovi piatti. Creazioni nate sullo slancio di una scintilla: “non faccio mai un piatto se non mi innamoro di un ingrediente, e poi quando mi innamoro è facile, il resto viene in automatico. Voglio rendergli omaggio” continua “un piatto è come un atto di amore che nasce da una scintilla”.
L’orto biologico di Punta Campanella con coulis alla curcuma e cremoso di gelsomino
Le Peracciole, il famoso orto della famiglia Iaccarino a Punta Camanella diventa ancora una volta protagonista della tavola del Don Alfonso e stavolta lo fa in un antipasto in cui la presenza dello chef passa in secondo piano per lasciare la scena alla natura: “In questo piatto abbiamo cercato di far sentire al massimo l’ingrediente, provando di tirare indietro le mani e far parlare quel che offre il nostro orto. C’è tanta tecnica, ma nascosta”. Crema di piselli allo zenzero, finocchi cotti a bassa temperatura e poi grigliati, raviolini croccanti ripieni di funghi pioppini della Sila – “l’unico ingrediente che non arriva dal nostro orto” – carciofi cotti a bassa temperatura e poi fritti, foglie di broccoli napoletani croccanti, cipolle rosse cotte a bassa temperatura e poi marinate. A coronare il tutto il gelato al gelsomino e una salsa con miele aceto curcuma e una tapioca home made.
Dentice marinato ai pepi con zuppa fredda al latte di cocco
Un piatto estivo, freschissimo, “nasce da una contaminazione del nostro modo di marinare il pesce con la cultura Maori della Nuova Zelanda, dove abbiamo un ristorante: è lì che ho assaggiato un ceviche con il latte di cocco, preparato per lo staff: mi sono innamorato di quel latte di cocco usato così, abbinato al pesce” racconta e poi continua “e quando mi innamoro di un ingrediente poi lo utilizzo, poi reinterpretato con la nostra identità e cultura”. Il dentice viene marinato con una citronette arricchita con semi di finocchietto e 7 tipi di pepi diversi, bilanciati per farli sentire tutti. Completa il piatto il latte di cocco e un caviale di succo di arancia.
Bottoni di seppia ripieni di pescato del giorno con brodo di zucca piccante e salsa di carote allo zenzero
“Il mio sogno era fare un raviolo senza farina e senza pasta”, la soluzione è stata tirare una sfoglia di seppia, prima frullata con ghiaccio e albume, poi passata al passaverdure, stesa su un foglio di silpat e cotta a bassa temperatura per ottenere l’esterno del raviolo. Il ripieno è preparato con pesce crudo con ricotta, mozzarella, zest di limone e sale e un po’ di coriandolo. Il brodo di zucca è un mix di tradizione e attualità: “prima c’è una cottura tradizionale a 30° e poi passa nel Waveco, per essere lavorato con gli ultrasuoni per un’altra ora, per estrarre al massimo i sapori”, si accompagna a una salsa di carote allo zenzero.
Riso nero di Sibari e calamari con emulsione di curcuma e barbabietola
“Due anni fa mi sono imbattuto in questo riso nella piana di Sibari, che ha una sapidità naturale incredibile, data dalla vicinanza del mare”. Racconta la grande tradizione della coltura del riso nel sud Italia in una delle ricette più classiche: il riso al nero di seppia, in questo caso con calamari e due emulsioni, di curcuma e barbabietola. “Quando ho cominciato a montarlo mi sono reso conto che con quei colori ricordava un quadro un quadro di Kandinsky, allora mi sono fatto aiutare da uno studio grafico proprio per creare un impiattamento che ricordasse il grande artista che trova nel colore e nelle forme elementari la sua essenza più profonda”.
Roll di rana pescatrice ripieno di mozzarella e basilico con pappa la pomodoro spugna di pan brioche al curry ed emulsione acidula
Un incontro tra suggestioni diverse: da una parte un richiamo estetico al Giappone, dall’altro un panorama di sapori perfettamente mediterraneo. “Prepariamo la rana pescatrice a bassa temperatura, poi la apriamo a portafogli, la farciamo con mozzarella basilico e pochissimo aglio, infine la arrotoliamo a forma di roll”. A questo punto si passa nella farina, nell’uovo e poi in una farina nera preparata con un riso al nero di seppia frullato, una sorta di croccante al nero di seppia. “La friggiamo al momento del servizio: sembra un rolls giapponese ma preparato in modo completamente diverso.” A questo si aggiunge una sensazione mediterranea, ottenuta ragionando intorno all’idea della classica pappa al pomodoro: pomodoro marinato a freddo in olio aglio e basilico per almeno tre ore, tolti gli aromi si frulla il pomodoro con la mollica di pane per ottenere una salsa. La salsa acidula è una sorta di bernese acidula, chiude il piatto una spugna di pan brioche al curry come decorazione.
Cappello del prete delle montagne di Avellino marinato alle spezie di oriente vellutata di zucca, salsa di nocciole di Giffoni mostarda di arance ai sentori di wasabi e polvere di borragine
“Ero lo scorso inverno nelle montagne di Avellino e un caro amico macellaio, Mario Carrabs, mi fa assaggiare questo cappello del prete e ho pensato che ci volevo fare un piatto”. Parte da qui un lavoro che – di nuovo – accoglie suggestioni diverse: “inizio a ragionare come lavorarlo e mi viene in mente uno stracotto assaggiato in Cina: i cinesi sono i migliori al mondo a lavorare le carni”. Comincia così, con una marinatura con spezie orientali e la cottura di ispirazione cinese. “poi mi sono chiesto cosa potevo metterci, Angela, la mia nonna acquisita mi ha fatto assaggiare una vellutata di zucca buonissima, molto semplice: solo zucca patate e olio, senza burro e panna. Ho continuato a ragionare sul piatto: cosa potevo aggiungere per finirlo? Dallo stracotto alla mostarda il passo è stato breve” seguendo il tradizionale abbinamento mantovano. “Mancava ancora un po’ di sprint, lo volevo più speziato e piccante e ho mischiato il wasabi con la mostarda di arance. Mentre le nocciole di Giffoni che avevo a casa hanno dato lo spunto per la crema di nocciole”. Il tocco finale è una polvere di borragine.
Pesca amarene yogurt e sorbetto al latte di mandorla
“Un altro piatto che è una fotografia del nostro orto: riunisce infatti le prime pesche e le prime amarene. È un dolce che racconta questa stagione”. Il gioco è lo stesso dell’antipasto: lasciare che il prodotto sia il protagonista, e la tecnica solo lo strumento per valorizzarlo, rimanendo in secondo piano. In questo caso dolcezza e freschezza sono gli elementi da valorizzare in una nuova consistenza, che gioca la carta della morbidezza.
Don Alfonso – Sant’Agata ai Due Golfi (SA) – corso Sant’Agata, 11-13 – 081 8780026 – www.donalfonso.com
a cura di Antonella De santis
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