Il cibo, qualsiasi esso sia, va pagato il giusto prezzo. Un assunto che mai come oggi dovrebbe essere sacrosanto, tenendo sempre conto del fatto che se si paga poco una cosa (una qualsiasi cosa) molto probabilmente c’è qualcuno che paga al posto tuo, in termini di sfruttamento della manodopera ad esempio. Nello specifico del pane qual è il prezzo giusto da pagare? Lo abbiamo chiesto ad alcuni dei migliori panificatori d’Italia.
Perché è aumentato il prezzo del pane
Il prezzo del pane è legato principalmente al costo della manodopera e dei beni energetici, che incidono fortemente sui costi di trasporto e produzione, e quindi anche sui prezzi della materia prima, farina in primis il cui rincaro (dovuto anche alla siccità) ha raggiunto picchi dell’81% per le semole già dal 2021. Va da sé che il prezzo del pane in questi ultimi anni sia aumentato e non di poco, tra l’altro è aumentato di più per il pane di quei professionisti in balia dei prezzi battuti dalla borsa, di Foggia per il grano duro e di Bologna per il grano tenero. “Il prezzo viene battuto sui grani duri e teneri, mentre i grani antichi seguono, sì, le inflessioni della borsa, ma molto meno”, spiega Pasquale Polito, cofondatore di Forno Brisa a Bologna. “È per questo che amo i prezzi concordati insieme a chi li coltiva e li macina. Solo così siamo al riparo dall’umoralità della borsa e per un anno abbiamo dei prezzi stabili. Lo stesso discorso si può applicare al caffè, al cacao o al pomodoro. La logica del prezzo ha un futuro se visto come risultato di un’alleanza tra tutti gli attori della filiera, senza intermediari”.
Il giusto prezzo del pane
“Attualmente il nostro pane sta tra i 7 e gli 8 € al chilo, ancora non abbiamo avuto il coraggio di aumentare i prezzi anche se, non appena i nostri clienti saranno pronti, li aumenteremo”, anticipa Pasquale. “Sono molto combattuto: per alimentare un’azienda con tutti i dipendenti pagati bene, senza che facciano degli straordinari, con i fornitori altrettanto pagati bene e sensibili al tema della sostenibilità ambientale, il nostro prezzo del pane è ancora molto basso. Di contro pane e caffè sono a oggi considerati delle commodity e quindi la transazione verso un prezzo più equo è decisamente più lenta. Sapete secondo me quale sarà il prezzo giusto del pane in un futuro prossimo? 10 euro al chilo. Solo con questo prezzo si riuscirà a tutelare l’intera filiera, compresi i contadini che devono fare i conti pure con il cambiamento climatico”.
Seguendo questo ragionamento non è una questione di aumenti dell’energia o della materia prima – che ci sono stati, ci sono ed è evidente – ma più una considerazione generale che vuole tutelare il futuro del pane e della sua filiera, cambiandone la percezione del consumatore. Come precisato da Giovanni Mineo (Crosta a Milano, da lui il pane va dall’entry level a 6 € al chilo a una media di 7,5/8 € al chilo per gli altri pani non conditi): “Lo scorso anno eravamo molto preoccupati per l’aumento dei costi dell’energia perché ci colpivano enormemente, siamo arrivati a pagare 45/50 centesimi di energia per un chilo di pane, ma ora il costo delle materie prime non ci preoccupa più di tanto perché da sempre il nostro food cost si aggira intorno al 30% sul prezzo totale, questo perché abbiamo una selezione delle materie prime mirata a incentivare produttori sostenibili ed etici”. Ecco spiegato il prezzo del pane di alcuni panifici, non a caso tra i migliori d’Italia. Un prezzo che è, sì, aumentato ma in una percentuale minore di un pane che non è di filiera.
Come capire se un prezzo è giusto o disonesto?
Discorso analogo, con le differenze del caso, per Davide Longoni, che oltre ad essere uno dei migliori panificatori di Italia è imprenditore illuminato (ultima sfida, la Scuola del Pane a Milano). Lui i prezzi li ha aumentati. Mediamente del 10-15% rispetto allo scorso anno: “Abbiamo mantenuto un prezzo calmierato, a 6 euro al chilo, per il pane bianco, che però non è quello più venduto. La cosa ci fa capire che il prezzo è un accordo tra cliente e venditore, e che se il venditore è capace di spiegare quello che c’è dietro a una pagnotta, il prezzo non è l’unica chiave di successo”. Il suo pane più venduto è infatti quello ai cereali antichi e costa 8,5 € al chilo, in linea con gli altri due colleghi interpellati. Ma come capire se un prezzo è giusto o disonesto? “Basta guardare i nostri bilanci alle camere di commercio, sono pubblici e si vedono i margini lordi”, suggerisce Longoni. “Oggi il nostro margine lordo è del 10%, sul quale ci dobbiamo pagare le tasse: vi assicuro che in questo settore nessuno si sta arricchendo. Un tempo, è vero, chi aveva un panificio guadagnava bene ma oggi, vuoi per l’aumento dei costi, vuoi per il crollo del consumo pro capite di pane, non si diventa ricchi facendo il panettiere”.
Alzare i prezzi è un atto di responsabilità
“Aver alzato i prezzi è stato anche un atto di responsabilità nei confronti degli altri panettieri in quanto sono più grande e strutturato, e di conseguenza ho meno rischi”, aggiunge Longoni. “Per i piccoli l’aumento del costo dell’energia, degli affitti, delle materie prime è decisamente più impattante, ecco perché reputo coraggiosi tutti quei micropanifici, da Tondo a Le Polveri, che hanno avuto la forza di alzare i prezzi nonostante le critiche, così come tutte le nuove bakery che inaugurano le loro attività con prezzi liberi dai dettami del mercato”. Meglio dunque se il prezzo del pane non lo fa il mercato, ma la consapevolezza del cliente che sa bene quanto dietro a quel prezzo ci siano contadini, mugnai, panificatori e addetti alla vendita remunerati il giusto.
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