Per molti è conosciuta semplicemente come Podere Ricavo, per altri come l’azienda agricola di Maria Pia Buoni o del Buono, ma in sostanza si tratta della medesima realtà che oggi si estende su una novantina di ettari di cui dieci coltivati a oliveto, tutto in regime biologico certificato. Una piccola realtà olivicola che negli anni ha saputo ritagliarsi uno spazio nelle produzioni d’eccellenza toscane e nazionali riuscendo a ottenere, quest’anno, il premio speciale come “Miglior Fruttato Leggero” nella guida Oli d’Italia 2024 con l’etichetta Dop Terre di Siena. Un successo dovuto anche grazie al recupero di una varietà autoctona dalle origini antichissime che si può trovare solo in questa zona. Ne abbiamo parlato con Federico Massoli, responsabile commerciale.
Il cambio di approccio nella produzione di extravergine
«Il cambiamento radicale nella produzione dell’olio extravergine lo abbiamo fatto circa 15 anni fa quando abbiamo deciso di inserire pratiche agronomiche innovative seppure con più di qualche disappunto delle vecchie generazioni molto legate alle usanze tradizionali, ma a discapito di una produzione di qualità (per un periodo senza neanche che consumassero il nostro “nuovo” olio)», racconta Massoli. «Ci siamo avvalsi dei tecnici più preparati del settore che hanno permesso, innalzando il livello qualitativo, di raggiungere importanti risultati vincendo i premi più prestigiosi nel settore dell’olio extravergine sia in Italia che all’estero, cosa questa della quale andiamo molto fieri. Riuscire poi ad ottenere tali riconoscimenti impiegando pratiche biologiche senza alcun utilizzo di pesticidi in tutte le nostre produzioni è per noi ancora più gratificante».
L’antica varietà etrusca: la Minuta di Chiusi
Particolare attenzione l’azienda l’ha rivolta al monocultivar di Minuta di Chiusi. È una cultivar di origine antichissima, che «leggenda vuole, sia quella utilizzata dagli Etruschi che già utilizzavano l’olio, anche se era molto diverso da quello che conosciamo oggi. Come dice il nome “Minuta di Chiusi” le olive sono molto piccole e sono presenti solo nel bacino intorno alla città di Chiusi, storicamente una città tra le più importanti per gli Etruschi». Purtroppo è una pianta che nel corso della storia è stata spesso abbandonata oppure sostituita da cultivar più produttive, da essa infatti si ottengono produzioni molto basse in termini di olive e rese di olio veramente minime (intorno al 7-8%). «Richiede inoltre una raccolta esclusivamente manuale visto che in caso di utilizzo di sistemi meccanici le olive si danneggerebbero. Noi siamo riusciti a recuperare le piante che avevamo anzi abbiamo fatto un passo in più perché attraverso talee ne abbiamo messe delle altre e deciso di fare un olio utilizzando solo questa Cultivar dalle origini tanto lontane nel tempo con il nome di “Sacrapone” antico soprannome della nostra famiglia, questo per valorizzare e dare rispetto al lavoro che hanno fatto i nostri antenati».
Dal vino alla pasta
Dal 2019 abbiamo poi iniziato l’imbottigliamento del nostro vino in prevalenza Sangiovese con una minima parte di Merlot. Il suo nome è “RossoMaria”, anche in questo caso il nome non è a caso bensì in omaggio a mia suocera per l’impegno e per la passione che ci ha trasmesso. L’eredità che ci sta tramandando è infatti proprio la passione e il rispetto per l’ambiente e per le produzioni vegetali. Invece per quanto riguarda la pasta l’idea di avviare una produzione è nata tre anni fa quando il grano duro biologico seminato nei nostri terreni ha dato un raccolto di una qualità eccezionale ed è per questo che abbiamo preso la decisione di lavorarlo e fame pasta, per adesso in sei formati.
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