“Fare bene contro la scarsità”, è questa la tematica principale della diciassettesima edizione di PizzaUp: la due giorni (7 e 8 novembre) ideata e organizzata da Molino Quaglia, dedicata a uno dei cibi più amati, conosciuti e celebrati di sempre e simbolo dell’Italia nel mondo. L’unico simposio tecnico sulla pizza italiana contemporanea, quest’anno per la prima volta si è tenuto a Milano agli East End Studios, e come sempre ha affrontato questioni di incredibile attualità in un perfetto mix tra tecnicismi legati a impasti, forme e ricette, e tematiche socio-economiche.
PizzaUp 2022: la diciassettesima edizione
“L’intenzione di quest’anno di Pizza Up è quella di creare una situazione di disagio e disorientamento, questo palco circolare ne è l’emblema, perché costringe a guardare a 360° intorno a noi, ed è quello che dobbiamo fare noi nel nostro lavoro. Dobbiamo guardare la realtà in maniera diversa.”, così esordisce Piero Gabrieli durante il suo discorso di apertura. Chiara Quaglia ne chiarisce le intenzioni: “Il nostro obiettivo è creare un gruppo di operatori che, nonostante si siano trovati in un momento storico in cui tutto è stato sconvolto, affrontano le difficoltà quotidiane e hanno un obiettivo comune. Il desiderio di fare un prodotto di qualità e lavorare ogni giorno sulla propria competenza, qualsiasi sia lo stile della pizza, per creare una proposta che sia buona, giusta per il nostro corpo, gustosa, coinvolgente, e che venga servita in locali che fanno stare bene le persone.”
I temi di PizzaUp 2022
Il tema di ogni edizione viene scelto per trovare una chiave di lettura dei trend attuali, che i pizzaioli possono utilizzare come guida nella gestione della pizzeria nei mesi a venire. Quest’anno tutto ruota attorno al “Fare bene”, in senso ampio, mettendo insieme aspetti economici e socio-ambientali. Un’anticipazione di quello che succederà nei prossimi anni, in cui il successo economico sarà inevitabilmente legato alla sensibilità al benessere ambientale, non solo della propria filiera ma con uno sguardo alla collettività di appartenenza.
È necessario quindi, in un periodo storico come quello che stiamo vivendo, fare bene nel senso di perseguire la ricerca dell’alta qualità nel prodotto e nel servizio (anche in tempi di inflazione pesante), alimentare le relazioni con fornitori e clienti, e stimolare la propria crescita professionale e quella dei collaboratori. In sottofondo rispetto al tema principale, ma costante presenza delle due giornate sono le nuove forme di comunicazione, e quindi l’esperienza digitale in pizzeria, imprescindibile per capire il linguaggio delle ultime generazioni. Ne ha parlato Piero Gabrieli: “Tutto il programma è stato strutturato per farvi vivere un’esperienza in cui tutto ciò che farete con le mani (gli impasti e la preparazione delle pizze) si accompagnerà a un’esperienza digitale totale. Anche nelle relazioni sul palco, seguirete le diapositive sul telefono, con un’interazione che riproduca quello che tutti noi facciamo quotidianamente, e soprattutto quello che fanno i nostri clienti.”
Com’è andato il congresso dedicato ai pizzaioli
Negli spazi degli East End Studios pizzaioli di taglio contemporaneo provenienti da tutta Italia (e non solo, da quest’anno anche qualche presenza dalla Francia e dall’Inghilterra), si sono confrontati tra di loro e con esponenti del mondo giornalistico e culturale su temi dai risvolti tecnici e sociali. Il simposio si è svolto in 4 ring, attorno ad un palco principale, dove si sono alternati workshop e relazioni su argomenti di attualità e temi gestionali, sociologici e di comunicazione social.
Nel Ring #0 si sono tenuti vari dibattiti con un unico focus: Idee contro la scarsità. Ha rotto il ghiaccio Vittorio Munari (ex giocatore e allenatore della Nazionale italiana di Rugby, oggi noto cronista sportivo ed esperto di team building) sul tema “La pizzeria come una squadra: la forza degli obiettivi condivisi”, poi la volta di Corrado Assenza sulla valorizzazione della filiera e la responsabilità sociale dell’imprenditore nel selezionare fornitori rispettosi dei diritti dei lavoratori. Mentre l’8 novembre sul palco ci sono stati i fondatori di Casa Surace con “Non sappiamo fare una pizza, ma sappiamo comunicarla”, e Paolo Vizzari su come evitare lo storytelling banale per comunicare i propri valori e quelli del proprio prodotto.
Contemporaneamente, si è sviluppato un programma di dibattiti e degustazioni per gruppi di 20 partecipanti, tenuti dai tecnici di Petra Molino Quaglia (Luca Giannino, Giovanni Marchetto, Giulia Miatto) e da un gruppo di cuochi selezionati da Paolo Vizzari: Eugenio Boer, Federico Sisti, Leonardo d’Ingeo, Matias Perdomo e Wicky Pryan. Quattro tavoli tecnici tematici: Cereali e farine – rispetto dell’ambiente e sostegno ai contadini, Evoluzione degli impasti – attenzione alla salute e impasti contemporanei, Strutture e ricette – aumentare la diversità contro la scarsità e la Cucina dei cereali – ricette e tecniche di cucina per la pizzeria. Non poteva mancare uno spazio dedicato ai laboratori pratici di impasti, con Nicola Borra e Andrea Rundo, e di tecniche di base applicate alla lavorazione di pomodori, latticini e verdure con lo chef Luca Crivellenti.
Il talk show di apertura. Francesco Martucci, Ciro Oliva e Simone Padoan
Il simposio dedicato alla pizza si è aperto con un dibattito guidato da Sebastiano Barisoni di Radio2 insieme ai pizzaioli Francesco Martucci de I Masanielli, Ciro Oliva di Concettina ai Tre Santi e Simone Padoan de I Tigli, tre modelli di pizzeria di successo, ma diversi per filosofia di prodotto e visione del mercato. Un confronto che ha toccato 3 temi principali: la ricerca della sostenibilità tra costi crescenti e prezzi di vendita, la visione della vita post pandemia e la problematica della scarsità delle risorse umane, e la responsabilità sociale del pizzaiolo.
Sulla prima tematica si esprime per primo Padoan: “Oltre che saper fare una buona pizza devi tenere in piedi l’azienda. E questo si fa cercando di sprecare il meno possibile e di ottenere il massimo da quello che si acquista. Il margine di guadagno è risicato per tutti adesso, ma si cerca di utilizzare tecnica, tecnologia e capacità per elaborare le ricette, abbinando ad esempio un elemento più costoso a una meno costoso”, su questo è d’accordo anche per Martucci, e ribadisce che “oggi bisogna agire oggi a 360°: caro energia? Si cerca di organizzarsi con macchine di ultima generazione, io ho fatto un recente investimento in cucina per eliminare l’energia da combustibile fossile in favore di un’energia più green, che mi ha permesso di non avere un rincaro delle bollette. Se compri bene i prodotti e sei preparato a trasformarli (è qui che si impennano i costi), si può riuscire a mantenere i prezzi.” Se Padoan e Martucci non hanno aumentato particolarmente i prezzi, Ciro Oliva gli ha addirittura raddoppiati; infatti la margherita è passata gradualmente da 6 a 12 € in meno di un anno. “Siamo riusciti ad arrivare a degli standard per posizionarci in un mercato diverso, abbiamo diversificato la nostra clientela alzando il livello e il costo del nostro prodotto. Noi andiamo a spiegare ai clienti tutti i valori complessivi del perchè proponiamo la margherita a 12 €, prima ancora che ci venga chiesto. Abbiamo investito tantissimo sul personale con un anno di recruting e arriveremo a breve ad avere 63 dipendenti.”
Quello che è stato evidenziato dal talk show di apertura è quanto sia fondamentale rivedere l’organizzazione dell’azienda: andare incontro ai nuovi gusti dei consumatori e adeguare i prezzi di vendita alle mutate condizioni di mercato senza rinunciare alla qualità. Certo è che la pandemia ha cambiato un bel po’ di cose, nessuno vuole più lavorare nella ristorazione che (come anche altri settori) sta vivendo un dramma nella ricerca di personale. Tutti e tre hanno rivisto i loro orari di apertura e gli stipendi dei collaboratori, Padoan ci parla anche di orgoglio identitario: “devi portare i ragazzi ad avere orgoglio di appartenenza del luogo di lavoro. Oltre alla percezione che puoi dare esternamente (ai clienti) è importante anche la percezione dell’interno, quella che dai ai tuoi collaboratori.”, Ciro ribatte dicendo che “c’è una certa difficoltà nel mondo pizza sul senso di appartenenza”. Martucci invece ha deciso di chiudere a pranzo, tranne il sabato e la domenica, nonostante facesse 400 persone: “ci siamo ripresi tutti un po’ in mano le nostre vite. Io ho iniziato a lavorare che avevo 10 anni e si faceva 7 su 7, adesso i tempi sono cambiati. Grazie alla scelta che ho fatto, i ragazzi hanno più tempo libero e sono più performanti e rilassati”. Anche Padoan ha aggiunto una mezza giornata di chiusura, “così i ragazzi staccano il lunedì sera e rientrano il giovedì mattina”; diversa è la strategia di Ciro che ha diminuito le ore di lavoro “sette turni a settimana di sette ore al giorno per tutti i contratti che abbiamo fatto”.
La novità di quest’anno: PizzaUp & Friends
“Un momento che abbiamo deciso di introdurre per presentare un’idea sulla quale lavoriamo da tantissimi anni, per creare una rete di operatori di settore che lavorano in Italia e stimolare inclusività e lavoro di squadra”, così Chiara Quaglia ha annunciato la grande novità di quest’anno: il 7 sera, a conclusione della prima giornata di congresso, c’è stato PizzaUp & Friends. Una grande festa con degustazione di vari tipi di pizze in 3 corner dedicati, firmate da più di 100 tra i migliori pizzaioli d’Italia che hanno partecipato a questa edizione. In abbinamento i cocktail e mocktail di Dom Carella di Carico a Milano.
Tra gli ospiti, presentati da Paolo Vizzari: Tinto, conduttore del programma televisivo “Mica pizza e fichi”, e Lara Gilmore a rappresentare Food for Soul, con cui Petra Molino Quaglia condivide il valore della lotta al food waste e la volontà di migliorare la qualità del cibo. All’organizzazione è stato devoluto l’intero ricavato della serata, e sul palco la Presidentessa ha raccontato un aneddoto con importanti spunti riflessivi: “Una sera mia figlia a cui spesso avanzavano croste di pizza ordinata d’asporto, ha chiamato suo papà e ha chiesto: invece di buttar via queste rimanenze di pizza, cosa ci possiamo fare? Così abbiamo inventato i passatelli (modenesi), fatti con la crosta della pizza del giorno dopo. Quello che voglio dire è che c’è sempre una ricetta per la soluzione di un problema, cerchiamo di essere creativi e di sprecare un po’ meno nella nostra cucina.” Durante la serata sono stati premiati anche i giovani scrittori dilettanti vincitori del contest Mani d’Arte organizzato in collaborazione con Al.ta Cucina.
a cura di Vivian Petrini
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