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Caccia al pesce spada. Cronaca di una battuta di pesca sullo Stretto di Messina

Miti, leggende e racconti definiscono il paesaggio dello Stretto di Messina. Il tratto di mare più letterario, celebrato da poeti e scrittori, perpetua il rito della pesca tradizionale dello Stretto, di recente entrata a far parte della famiglia dei Presìdi Slow Food. Lì, dove lo Ionio e il Tirreno si incontrano, la Calabria e la Sicilia provano a stringersi in un abbraccio, sorvegliate dai mostri di Scilla e Cariddi. L’unico ponte che esiste è quello della biodiversità ittica. Da aprile a settembre, il Mare Nostrum è costellato dalle feluche, imbarcazioni di probabile origine fenicia, che si dedicano alla pesca tradizionale dello Stretto, attraverso la spartizione, tra Messina e Reggio Calabria, di porzioni di mare dove pescare pesce spada, tonno, aguglia imperiale, tonno alalunga, tonnetto alletterato, pesce azzurro.

Caccia al pesce spada sullo Stretto

La più suggestiva, un rituale fatto di simboli, codici, mantra, avvistamenti, è la caccia al pesce spada con la feluca, una pesca definita sostenibile perché evita lo stress adrenalinico del pesce spada, rispetto alla pesca con il palamito. Quest’ultima, è una tecnica che coinvolge una lunga corda con ami a intervalli regolari, chiamata appunto palamito. Si tratta di un attrezzo composto da una lenza madre, su cui vengono applicati diversi braccioli con ami, e una coffa per raccogliere le prede dopo averle tratte in inganno. Dall’inizio della primavera fino al mese di settembre, complice l’aumento delle temperature di questa porzione di mare, il pesce spada attraversa lo Stretto nuotando a pelo d’acqua e trattenendosi più a lungo in queste acque, prima di depositare le uova nelle isole Eolie.

Passa dabbanna, il grido in codice, quasi un mantra, invoca il momento dell’avvistamento del pesce spada dall’alto dell’antenna che presidia la feluca. Un pennone alto fino a 22 metri che diventa un osservatorio galleggiante capitanato dal ntinneri, l’avvistatore per eccellenza. Poi, la corsa verso la lunga passerella della feluca, con la speranza di arpionare il pesce spada. Compito, quest’ultimo, affidato al lanzaturi, che aspetta l’attimo perfetto per colpire il pesce spada con l’asta, lancia di origine greca a due punte. Il pesce spada viene portato sulla feluca attraverso le luntri, piccole barche agili. Infine, l’incisione che segna la cattura e la fine del lungo rituale: la cardata da cruci, un sovrapporsi di croci sulla testa dell’animale.

La feluca di Antonella

Antonella Donato, pescatrice e presidente dell’Associazione Pescatori Feluca dello Stretto, dopo una laurea in scienze politiche e una carriera nel mondo dell’hospitality, ha abbracciato il timone nel ruolo di comandante dell’equipaggio e ha riportato in mare la feluca della famiglia, omaggiando la passione e il lavoro del nonno pescatore. Insieme alla sorella, si dedica al pescaturismo nello Stretto di Messina. Ogni giorno all’alba, Antonella esce in mare affiancata dall’equipaggio della feluca e dai tanti turisti curiosi. Una giornata che finisce prima del tramonto, fatta di attese, pazienza, delusioni, di correnti che cambiano e di acque che si mescolano. Giornate sotto il sole che spesso non garantiscono nessun bottino di pesca. Un’attività che vuole essere una nuova forma di turismo coinvolgendo appassionati che in diretta – se le condizioni e un po’ di fortuna lo consentono – possono assistere ad ogni momento del rito della pesca nello Stretto fino alla cattura finale.

I banchi al mercato

«Tutelare la pesca dello Stretto significa tutelare un’intiera filiera e puntare alla qualità. La tecnica di pesca con la feluca è la più sostenibile per le modalità ed è quella che garantisce un’integrità e una qualità della carne pescata, che gode della biodiversità marina di questo tratto di mare» – commenta Antonella Donato. Se non in quantità, la pesca dello Stretto eccelle per qualità. La feluca di Antonella Donato pesca soprattutto pesce spada ma anche tonno rosso (1000 kg) e aguglia imperiale. Il pesce spada dello Stretto, il più pregiato e rinomato, viene venduto ai commercianti a un prezzo che oscilla dagli 11 ai 15 euro al kg. Ai banchi dei mercati del pesce arriva, in alta stagione, fino a 30 euro. Nino Mostaccio referente Slow Food del Presidio Pesca Tradizionale dello Stretto, presidente Slow Food Messina, ha fortemente voluto la tutela della pesca del pesce dello Stretto e si è impegnato per ottenere il Presidio.

«Questo Presidio per noi ha un importante valore simbolico, rappresenta un’opportunità per fortificare legami e costruire nuove connessioni per proteggere, tutelare e valorizzare l’intera area dello Stretto di Messina, un tratto di mare che unisce Sicilia e Calabria, due terre che hanno tanti elementi di contatto, non solo tra di loro, ma con l’intero Mediterraneo.  Più che un prodotto, vogliamo valorizzare e tutelare la pesca, un’attività, a sostegno di una filiera e dei pescatori», afferma Nino Mostaccio.

Al ristorante

A  Casa&Putia, il ristorante che Nino gestisce insieme alla moglie Adriana al fratello Marcello e al socio Andrea,  si valorizza il pesce di prossimità, oltre alle specie dimenticate dalla cultura marinara attuale come le ope, il tonno alletterato. Nel menù di Casa&Putia, si celebra Messina e la sua ricchezza ittica: il classico stocco, gli involtini di stoccafisso,  il pesce spada dello Stretto. Il pescato tradizionale dello Stretto offre il raccolto della battuta di pesca giornaliera delle feluche e segue una necessaria e naturale stagionalità mentre il pesce spada è cucinato nelle storiche ricette messinesi: involtini e alla ghiotta. «Sembra che nella ristorazione ci sia un appiattimento, l’alternativa è la sostenibilità, la semplicità. Tutto quello che c’è nel nostro mare viene sprecato perché forse pensiamo che non rientra più nei gusti dei consumatori. E invece ci sbagliamo. Noi proviamo a tessere un racconto del mare partendo dalla tradizione della pesca dello stretto e dal suo pescato, noto per la sua qualità e ricchezza grazie alla biodiversità e alle acque dello Stretto»- continua Nino Mostaccio.

La prossima sfida? Nino  non ha dubbi: «Stiamo lavorando alla trasformazione del pesce attraverso imprese artigianali di conserve, in modo da garantire una fonte economica costante ai nostri pescatori». E intanto, echeggiano i racconti nelle onde dello stretto che Omero descrisse così nel ricordare il celebre passaggio di Ulisse: Di lì mai sfuggì nave di uomini che vi fosse giunta, ma tavole di navi e insieme corpi di uomini trascinano via e ondate del mare e i vortici di fuoco funesto. Una sola nave di lungo corso di lì è riuscita a passare.

Foto di Giovanni Federico

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