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Parità di genere. Intervista a Cristina Bowerman

La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti con dedizione questa rubrica dedicata alle donne, non tanto perché crediamo nelle quote rosa ma perché è fondamentale parlare e sensibilizzare sulla parità di genere. Ed è altrettanto fondamentale farci portavoce di donne che hanno raggiunto importanti obiettivi nel proprio settore. Oggi intervistiamo Cristina Bowerman di Glass Hostaria.

Foto Andrea Federici

 

Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna?

Una domanda del genere può essere tranquillamente posta a qualsiasi donna abbia tentato di penetrare un campo professionale dominato dagli uomini. Non vale solo per le chef ma per le chirurghe, le politiche, le astronaute e molte, molte altre. In un campo professionale in cui, a partire dal genere assegnato al nome, l’immaginario comune è legato a una figura maschile, per ognuna di noi diventa davvero difficile riuscire a farsi prendere sul serio. Inoltre, specialmente in Italia, la galanteria involontariamente (spesso) trasmette una svalutazione professionale della donna: vi sarete trovati più di una volta anche voi di fronte alla famosa presentazione “.. e ora vi presento la bella e gentile…” invece di la “brava” ponendo la professionista in questione in una situazione di inferiorità prima ancora di iniziare a parlare. Sono passati molti anni da quando ho lasciato gli Stati Uniti eppure provo ancora brividi lungo la schiena quando ancora oggi leggo cartelli che annunciano: “commessa giovane bella presenza cercasi…” Mi rendo conto che siamo ancora all’inizio di una trasformazione radicale culturale che deve guadagnare terreno perso negli ultimi mille anni e questo cambiamento deve partire dall’educazione dei piccoli, dalle famiglie e da noi donne.

In quale modo è riuscita a superarli e a raggiungere il suo attuale incarico?

La mia formazione americana, basata molto sulla meritocrazia, il grande empowerment del singolo e la forza dell’unione, sono sicuramente stati illuminanti, ma alla base c’é un solito vademecum comportamentale che mi guida sempre: studio, professionalità, rispetto per la professione, ammirazione per chi ha ambizione e spesso successo oltre allo scontato numero di ore di lavoro che appartiene a chiunque abbia successo. Difatti uno dei concetti difficili da trasmettere ma che al mondo d’oggi dovrebbe essere sottolineato, specialmente ai più giovani, è che non esiste successo senza sacrificio: insomma anche gli youtuber lavorano sodo! Ci tengo a sottolineare cosa significa rispetto per la professione per me; rispetto si condensa in poche regole ma fondamentali. Rispettare la professione significa rispettare la materia prima, il produttore e il fornitore, rispettare il cliente e i propri collaboratori. Ma oltre questo, il nostro body language deve parlar chiaro: nessun utilizzo del nostro corpo per migliorare la propria posizione. Purtroppo vi sono ancora donne che lo fanno creando una vera e propria retrogradazione (e uso in maniera impropria un termine culinario!) nella lotta per la parità. E in questo senso le responsabilità sono anche di chi comunica che dovrebbe fare a priori una valutazione sulla positività del messaggio e decidere se pubblicare o meno. Per come la vedo personalmente.

Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?

Questa domanda è davvero difficile poiché la situazione Covid ha peggiorato la situazione in maniera drammatica lasciando a casa moltissime donne che avevano intrapreso carriere difficili, fuori dagli schemi e dagli orari generalmente concepiti come “normali”. La DAD ha lanciato nel panico migliaia di cuoche e cheffe che si sono ritrovate abbandonate a se stesse con una famiglia da seguire e niente aiuti. È vero: il prezzo maggiore l’hanno pagato le donne in questa pandemia. Per cui in questo momento non ho un programma speciale se non quello che da sempre seguo, legato agli istituti alberghieri, inclusi i femminili, gli speech sia sulla parità di genere che la promozione dell’imprenditoria al femminile (proponendo la collaborazione con Valeria Sebastiani, ad esempio). Spero in futuro di avere i mezzi e le idee per spingere maggiormente la partecipazione al femminile che in questo momento scarseggia ma proprio per mancanza di donne nel mio campo.  La considerazione, triste, che faccio è che sono 12 anni che sono l’unica stellata donna a Roma e l’unica con le Tre Forchette ma nessuna discriminazione da parte delle autorevoli organizzazioni che assegnano questi riconoscimenti….. non ce ne sono altre di donne tra cui scegliere. Anzi, penso che anche loro, come me, ne cercano disperatamente.

Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?

Questa è la domanda che mi faccio costantemente. Sembra preistorico parlare ancora di vantaggi per le donne, come se fossimo una minoranza indifesa e senza diritti, “piccole donne” da proteggere, ma la realtà è che, facendo un paragone, se non ci fosse stato un affirmative action program, non avremmo avuto il Presidente Obama, primo uomo di colore (anche se sembrerebbe più politically correct definirlo “nero”) alla guida degli USA. Continuando con il paragone, accessi preferenziali ai crediti, o per le imprese al femminile, una legislazione che dimostri con i fatti quanto si desideri avallare la differenza fra i generi, non possono che giovare alla causa. Proprio in termini concreti, bisognerebbe ispirarsi alla legislazione dei paesi del nord con differenze sostanziali nella gestione ad esempio della maternità. Bisognerebbe dare crediti agevolati per permettere di agevolmente accedere anche a piccoli prestiti per l’educazione, acquisto automobile (per favorire l’indipendenza) e altro. Bisognerebbe cambiare la legislazione classificando i reati contro la donna come reati imprescrittibili e aumentando notevolmente le pene. Bisognerebbe creare fondi ad hoc per la protezione delle donne e avere una schedatura di chi commette reati contro le donne simile ai pedofili. Bisognerebbe multare pesantemente le aziende che sono condannate per discriminazione di genere, oltre ovviamente i risarcimenti alle vittime. Infine, una maggiore fluidità e comprensione sugli accessi a programmi specifici (fondi, educazione, supporto, etc) sarebbe auspicabile perché spesso sono incomprensibili, anche per coloro che hanno un livello culturale superiore. Immaginiamoci negli altri casi. Snellire i processi burocratici sarebbe auspicabile per tutti ma, come conseguenza diretta, anche le donne ne trarrebbero vantaggio.

Quali modalità e quali formule suggerisce per sensibilizzare e rendere consapevole il mondo maschile di questo gap? Un gap che, peraltro, ha conseguenze anche sul Pil.

Tutti gli aspetti, anche quelli che sembrerebbero slegati dal tema, devono essere presi considerazione. Partendo dalla famiglia, dall’educazione, dalla legislazione in merito alla protezione della donna, alle condanne di chi commette violenza nei confronti delle donne, tutto deve cambiare. Finché avremo, ad esempio, una prescrizione per i reati di violenza carnale oppure politici che giustificano la violenza nei confronti di una donna classificandola come una “bravata”, saremo ancora indietro. Far comprendere alle società che l’inclusione è una fonte di arricchimento (statisticamente provata) della società stessa, è fondamentale. E per chi è spettatore o protagonista, rilevare immediatamente e denunciare il cosiddetto pink washing, senza timore.

Quale messaggio o consiglio si sente di dare alle donne che hanno capacità e desiderio di emergere, in particolare a quelle che stanno ancora lottando e alle giovani generazioni?

Anche nel caso del passaggio generazionale. Io l’unico consiglio che mi sento di dare è quello di ignorare qualsiasi consiglio di persone che limitino le potenzialità. Gli insegnanti, gli amici, i consiglieri che non prospettino la rottura del cosiddetto “glass ceiling” , devono essere messi da parte. Seguire la propria strada è fondamentale pensando in grande. E poi, ribellatevi, ribellatevi ogni volta che potete, a costo di fare una magra figura, a costo di perdere, a costo di essere emarginate. Ma rimarrete fedeli a voi stesse, coerenti e vi rispetterete maggiormente, acquisterete forza per poter dire la cosa scomoda, quella che gli altri pensano ma non dicono, spianando la strada per le altre. Mettete in evidenza i meriti delle altre donne, non i vostri, ma quello delle altre perché solo così, attraverso i role models, altre arriveranno.

Ci racconti un aneddoto (positivo o negativo) di una delle sue esperienze sul tema.

Potrei raccontarne tanti data la mia età lavorativa e non solo in questo campo. Forse ce ne sono un paio divertenti. Una, quando lavoravo come procuratore, accalcata davanti al giudice ho sentito la famosa “mano morta” e ho puntato il piede dell’avvocato dietro di me al punto tale da farlo gridare dal dolore e il giudice di fronte ha sorriso divertito quando ha sentito le mie recriminazioni rivolte all’avvocato e la seconda in cucina, all’inizio della mia carriera, quando ho reagito a uno dei cuochi che mi ha spinto contro il bancone per prendere una cosa situata in alto. Ecco, io penso che una reazione sia spesso necessaria per far comprendere il confine da non oltrepassare che dovrebbe già essere noto alle persone ma, appunto, non è sempre così. Infatti incredibilmente ci si trova di fronte a episodi come quello di poche settimane fa della reporter schiaffeggiata sul fondoschiena in diretta. Sfortunatamente, non tutte reagiscono perché ognuno di noi è diverso. Bisognerebbe concentrarsi su chi non ha la forza di farlo. Io sono una donna del sud che è cresciuta difendendosi. Molte altre, purtroppo, non riescono per varie ragioni e il nostro lavoro è quello di educare le donne che difendersi è un sacrosanto diritto da far valere senza se e senza ma. Di episodi positivi ce ne sono tanti ma non riguardano la Cristina donna: a livello lavorativo non spenderei una parola poiché penso che il Gambero Rosso, la Michelin o i miei colleghi, mi abbiano scelto per le mie competenze professionali e non perché sia donna. Un vantaggio di essere donna? Nessuno di piú che essere di sesso diverso. La vera inclusione deve essere miope al punto tale da non riuscire a distinguere il sesso di un individu* ma solo il valore umano.

illustrazione di Ilenia Tiberti

ARTICOLO TERMINATO!

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