È una delle denominazioni più estese della Sicilia, ma nonostante ciò non è tra le più conosciute. Stiamo parlando della Doc Monreale, che lambisce il confine meridionale del comune di Parlemo e poi si estende verso sud, coinvolgendo in parte i comuni di Monreale, che dà il nome alla denominazione, e Piana degli Albanesi, e per intero i comuni di Camporeale, San Giuseppe Jato, San Cipirello, Santa Cristina Gela, Corleone e Roccamena.
Monreale. Il territorio
I comuni citati fanno parte di quello che storicamente era il comprensorio dell’Arcivescovado di Monreale, territorio legato all’Abbazia di Santa Maria La Nuova, centro religioso nato negli anni ’70 del XII secolo. Le radici storiche della denominazione vanno cercate qui: quelle più attuali invece risalgono al 2000, anno di creazione della Doc.
I terreni su cui insistono le vigne sono collinari, con altitudini che vanno dai 300 ai 600 metri mentre i terreni sono di matrice sabbioso-argillosa. All’interno di questa denominazione piuttosto ampia è possibile distinguere tre macrozone con caratterististiche abbastanza specifiche. Partiamo dal Corleonese, zona alla quale afferiscono i comuni di Corleone, San Giuseppe Jato e San Cipirello. Oltre ai terreni bruni, ricchi di gesso, la zona si differenzia dalle altre per una forte escursione termica tra giorno e notte. L’altra area è quella di Camporeale, che negli ultimi anni è diventata una delle culle del syrah siciliano: le colline sono molto ventilate e i suoli sono di medio impasto e dotati di poco scheletro. L’ultima zona è la Valle dello Jato: le colline vanno dai 250 ai 700 metri di altitudine di Monreale (la cui cattedrale è stata dichiarata Patrimonio Unesco nel 2015), anche qui troviamo una buona ventilazione grazie a correnti umide portatrici, durante l’autunno e l’inverno soprattutto, di benefiche piogge.
La Denominazione Monreale e i vini prodotti
All’inizio le tipologie della Doc Monreale erano parecchie, così come molti erano i vitigni previsti dal disciplinare. Grazie all’intervento del Consorzio però, si è deciso di puntare in maniera più decisa sulla territorialità, motivo per il quale dai 12 vitigni previsti all’inizio (tra cui chardonnay, merlot, cabernet pinot bianco e via dicendo) ora se ne possono contare solo cinque. Quattro sono autoctoni: inzolia e catarratto per i bianchi; perricone e nero d’Avola per i rossi. Al quinto abbiamo già accennato: si tratta del syrah, alloctono perfettamente acclimatatosi nel clima mediterraneo della zona.
I migliori vini Monreale Doc
Nella passata edizione della Guida, Vini d’Italia 2024 di Gambero Rosso 2024, abbiamo avuto modo di assaggiare diversi vini Monreale Doc: i migliori li trovate recensiti nella lista qui sotto.
Giuseppe Lisciandrelli, oltre ad avere due fornite enoteche di Palermo, si cimenta, anche con successo, nella produzione di vini naturali nel palermitano e sull’Etna. Di spessore il Catarratto, coltivato a 500 metri d’altitudine, Iàto ’21, dalle nuance minerali iodate, acacia e mimosa, pera William, ananas ed erbe aromatiche secche; salino il sorso ben bilanciato dal frutto croccante e succoso, lungo e coerente il finale.
- Monreale Bianco Iàto 2021 – Lisciandrello
Assai piacevole e articolato nelle note agrumate e floreali il Catarratto Vigna di Mandranova ’21 di Alessandro di Camporeale, con bella tensione acida, sapido e consistente nel frutto. La famiglia Alessandro ha un legame secolare con la viticoltura di Camporeale: nel 2000 nasce la cantina; in pochi anni la creatura dei fratelli Natale, Nino e Rosolino diventa un punto di riferimento e un modello virtuoso per tutto il territorio. I vigneti sono coltivati in biologico e si trovano tra i 400 e i 600 metridi altitudine: le varietà coltivate sono principalmente gli autoctoni catarratto, grillo e nero d’Avola, ma si sono integrati con esiti straordinari anche il syrah e il sauvignon blanc. Il Syrah Kaid 21 sorprende davvero, in virtù della sua irruente intensità, un naso dai toni definiti di ribes nero, spezie ed eleganti sfumature balsamiche; in bocca è succoso, vibrante e persistente
- Monreale Bianco V. di Mandranova 2021 – Alessandro di Camporeale
Molto amata dagli appassionati, la maison Porta del Vento di Marco Sferlazzo si inscrive autorevolmente nel filone biodinamico e “secondo natura”.Oltre al Catarratto ’22, segnaliamo il Nero d’Avola Ishac ’21, ammaliante nelle sue sfumature di cappero, fichi ed erbe medicinali, è succoso e piacevolissimo.
- Monreale Catarratto 2022 – Porta del Vento
Si conferma ancora una volta fra i migliori vini bianchi isolani Lu Bancu ’22 di Feudo Disisa. Catarratto di grande eleganza: al naso regala nuance intense di fiori e frutti gialli, zeste di arance e mandarini, mandorla, solcate da vivaci toni di lavanda ed erbe medicinali; bocca infinita, piena e seducente.
- Monreale Cataratto Lu Bancu 2022 – Feudo Disisa
- Monreale Perricone Granmassenti 2020 – Feudo Disisa
Il Catarratto 12 Filari ’22 di Case Alte lo scorso anno è arrivato alle finali, grazie al bel naso di fiori di campo e agrumi, erbe aromatiche fresche e un frutto fragrante dalla polpa piacevolissima su un elegante fondo minerale.
- Monreale Catarratto 12 Filari 2022 – Case Alte
- Monreale Syrah di Macellarotto 2021 – Case Alte
foto di apertura di www.facebook.com/cantinalisciandrello
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