


Stop all’uso dei terreni agricoli per installare pannelli fotovoltaici nel Dl Agricoltura che passerà a breve all’esame del Consiglio dei ministri. Che il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, prenda ispirazione dalla Coldiretti non è un mistero, dal momento che è stato lo stesso esponente di Fratelli d’Italia a dichiarare, a fine 2023, che bisogna appoggiarsi alle «migliori energie» definendo l’organizzazione degli agricoltori di Palazzo Rospigliosi «un laboratorio di idee». E qualche idea portata avanti da Coldiretti è evidentemente passata anche nella bozza del Decreto legge Agricoltura, sugli interventi a tutela del settore agroalimentare, messo a punto dal Masaf e dal ministero dell’Ambiente, ora in attesa di essere esaminato dal prossimo Cdm nella riunione del 6 maggio.
Fotovoltaico mangiasuolo
In particolare, l’idea che il fotovoltaico sia una risorsa «mangiasuolo», come l’aveva definita dal presidente Ettore Prandini in una lettera scritta un’estate fa alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. L’obiettivo del sindacato agricolo, con quella presa di posizione, era fermare una «serie disordinata di iniziative avviate da fondi di investimento speculativi», alla luce della mancata individuazione delle aree idonee (i criteri sono contenuti in un decreto che da circa due anni non è stato ancora approvato e su cui le stesse Regioni chiamate a esprimere un parere non hanno trovato ancora la quadra) e del mancato coinvolgimento delle associazioni degli agricoltori (che per la Coldiretti devono essere «protagonisti e non spettatori»).
Ed ecco che, a diversi mesi di distanza da quella protesta, all’articolo 6 della bozza del Dl Agricoltura (che contiene disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo) si è aggiunta una frase importante, che integra l’articolo 20 del decreto legislativo (n. 199) dell’8 novembre del 2021: «Le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’istallazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra». In altre parole, il Governo potrebbe dire no all’uso dei terreni agricoli per l’installazione dei pannelli. Meglio, quindi, i tetti delle strutture. Di stalle e di cascine, del resto, ce ne sono 20mila in tutta Italia. E il bando sul Parco Agrisolare mette a disposizione delle imprese, fino al 2026, risorse per 1,5 miliardi di euro, a valere sui fondi Pnrr.
Provvedimento a tempo e contraddittorio
Lo stop all’uso dei terreni per il fotovoltaico arriva, da un lato, in piena campagna elettorale in vista delle Europee e, dall’altro, appare un provvedimento che suona contraddittorio, soprattutto se si tiene conto del fatto che sulla transizione energetica e sulla sostenibilità ambientale il Governo Meloni sta investendo notevoli risorse e annunciando, come si evince anche dalle dichiarazioni al recente G7 di Torino con la firma della Carta di Venaria, di voler moltiplicare gli obiettivi d’uso delle energie rinnovabili, per attuare l’impegno assunto alla Cop 28 di triplicare la capacità di produzione al 2030. Per realizzarlo, come ha sottolineato lo stesso ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, i Paesi del G7 «si sono impegnati a contribuire a sestuplicare la capacità degli accumuli di energia al 2030, portandola fino a 1.5 terawatt, a livello globale».
Dal granchio blu alla peste suina
La bozza di decreto che dovrebbe approdare in Consiglio dei ministri contiene altre misure in favore di quelle imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura che hanno ridotto di almeno il 20% il fatturato nel 2023, come la sospensione per 12 mesi dei mutui e degli altri finanziamenti rateali. Il Masaf ha, inoltre, incrementato di 20 milioni di euro sul 2024 il Fondo per il comparto cerealicolo e di 12 milioni di euro i fondi a sostegno delle imprese danneggiate dalla proliferazione del granchio blu con l’istituzione del Commissario straordinario, fino al 2026. Dieci milioni di euro sono previsti per incrementare il Fondo per la sovranità alimentare nel 2025 e 2026. Venti milioni di euro andranno a contrastare la diffusione della peste suina africana, con un contemporaneo rafforzamento dei contingenti delle forze armate attualmente impegnati.
Mentre, dopo la pesante moria del kiwi (provocata dal clima e dalle fitopatie), il Masaf concederà più risorse, rispetto ai 2 milioni di euro previsti, e la possibilità per le Regioni di dichiarare lo stato di eccezionalità per le imprese danneggiate, entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto, attingendo dal Fondo di solidarietà nazionale. Il Decreto inasprisce anche le sanzioni in materia di pratiche sleali (3 mln di euro l’anno fino al 2026 per l’Ismea che potenzierà i servizi informatici) e vengono introdotte norme per far partire finalmente il registro telematico dei cereali, attraverso il Sian, il Sistema informativo agricolo nazionale. Quest’ultimo andrà a confluire nell’Agea (agenzia per le erogazioni in agricoltura) con il personale che sarà trasferito integralmente nella nuova struttura, vigilata dal Masaf.
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