Ci sono imprese che paiono impossibili, avventure imprenditoriali folli all’apparenza, che in realtà hanno bisogno di una buona dose di coraggio e della giusta ispirazione, come arrivare dall’Europa e convincere un popolo orgoglioso del proprio distillato di bandiera che si possa fare qualcosa di nuovo. È il caso del di Arturo Isola e del gin Amazzoni, il più famoso e amato del Brasile, creato da un architetto italiano ispirandosi a una leggenda della foresta amazzonica. Una storia che sembrerebbe figlia del realismo magico latinoamericano, ma bisogna arrivare fino in fondo per capirne appieno il significato, perché su quel primo mattone imprenditoriale si è costruito molto di più: un prodotto etico, capace di dialogare con le popolazioni locali e di creare un indotto virtuoso che parla di salvaguardia della foresta nel mondo.
La storia Arturo Isola
Arturo Isola, parlando di sé stesso, dice di esser “nato e cresciuto in riva al mare di Genova, e diventato adulto al sole del Brasile”. La sua biografia bisognerebbe racchiuderla in due volumi, perché ci sono un prima e un dopo così netti che necessitano di esser raccontati separatamente: la prima parte della sua vita è quella di brillante professionista, appassionato architetto e designer che si divide tra Genova e Milano, mentre la seconda inizia a seguito di un viaggio di fine anno per vedere i fuochi d’artificio illuminare Copacabana, divenuto uno snodo fondamentale: l’incontro con un grande amore, tre anni di viaggi avanti e indietro con il Brasile e poi la decisione di trasferirsi a Rio de Janeiro. Una vita da Expat in cui, come spesso accade, a mancare sono le cose più strane: non tanto la cucina – complice la nutrita discendenza di italiani in Sud America – quanto il rituale dell’aperitivo, per cui il nostro protagonista si scopre vittima di un’imprevista saudade. Nella terra della canna da zucchero, dove il distillato nazionale si chiama Cachaça e il cocktail quotidiano Caipirinha, nessuno aveva veramente pensato che valesse la pena insistere su gusti più bitter, e creare prodotti all’altezza per creare cocktail come il Negroni. Una mancanza che ha dato il via a un pensiero che nella terra fertile della foresta equatoriale non ci ha messo molto a sbocciare in un progetto concreto: lanciare un gin made in Brasile.
Il progetto Amazzoni e la creazione del marchio
È il 2014 quando Arturo investe 105 dollari per acquistare online un alambicco elettrico da 5 litri da installare in cucina. Una scommessa su un piccolo elettrodomestico che sarebbe diventato parte dell’arredo per quasi due anni, durante i quali sperimenta, assaggia e valuta se questo sogno possa davvero un giorno diventare qualcosa di più. Anni in cui i viaggi di famiglia diventano l’occasione per cercare ingredienti esotici, mai usati nei gin, mentre si infittisce il fascino e lo studio della Foresta Amazzonica, diventata la vera Musa di questo passatempo preso sempre più sul serio, nonostante in parallelo lo studio d’architettura continuasse a dare grandissime soddisfazioni. Ma tra il disegno e l’altro, la mano del designer va oltre: crea una bottiglia esclusiva, disegna l’immagine anche se ancora manca il nome. Ma anche in questo caso l’idea è già in germoglio, perché a guidare Arturo sono stati due elementi fondamentali: la foresta e le donne, e c’è un nome che le lega con un significato profondo: Amazzoni. Un nome semplice, scritto in grande su un’etichetta adornata da alcuni elementi atavici della cultura Tupí Guaraní, quella che regola la vita nella Foresta. Ora che c’è la ricetta, il nome e il packaging, serve solo luogo adatto per cominciare a distillare. Arturo si ricorda una vecchia distilleria vicino a Rio a cui si era rivolto perché facesse qualche bottiglia di prova, e della risposta che aveva ricevuto: “non so cosa sia gin e questi alambicchi son fermi da anni, però ho un sacco di spazio qui. Perché non ti fai tu la tua distilleria?”
La distilleria e la nascita del gin Amazzoni
Fare, per un architetto, ha una grande importanza, soprattutto se si è un precursore. Così in uno stesso momento, nella prima distilleria di gin nella storia del Brasile si incontrano l’ultimo progetto da architetto e il primo passo da imprenditore. Non è stato facile: basti pesare che ci sono voluti 10 giorni a Ouro Preto (Minas Gerais) per spiegare a un maestro di alambicchi come farne uno di gin, ispirato a un esemplare visto a Mendoza, in Argentina, di fattura tedesca e collocato in una distilleria di Grappa di discendenti italiani. Il colosso di rame viene battezzato con il nome di Estrela, ispirato a Naiá, indigena che secondo la leggenda sacrificò la vita per stare accanto alla Luna. Il 17 marzo 2017 vede la luce primo gin brasiliano di sempre, sviluppato con una visione chiara: essere un gin del nuovo mondo, che possa parlare di Amazzonia e di cosa fare per proteggerla. Il successo ai World Gin Awards di Londra che incorona Amazzoni come miglior produttore artigianale del mondo – dopo neanche un anno di lavoro – aiuta a rompere la resistenza di secoli di Caipirinha: l’interesse comincia a crescere rapidamente e il progetto ad accelerare.
Il successo di Amazzoni
La fortuna aiuta gli audaci: anche in Brasile arriva la moda del gin. Amazzoni si trova a essere la locomotiva delle nuove abitudini di consumo che non sono solo legate al tipo di distillato ma anche alla qualità del distillato e ai valori del brand. Per la prima volta la Caipirinha cede un po’ di terreno in favore di un nuovo cocktail: anche in Sud America si comincia a chiedere il Gin Tonic. In breve tempo la distilleria diventa anche meta turistica e sede di workshops per spiegare cosa è il gin e cosa vuol dire essere artigiani dei distillati con mano d’opera rigorosamente femminile per coerenza con la propria storia e la propria ispirazione. A livello produttivo infatti tutto viene fatto a mano partendo da ingredienti freschi di produttori certificati e da tribù indigene della foresta. Tra le botaniche scelte ci sono – oltre alle immancabili bacche di ginepro, e i classici pepe rosa, alloro, limone, mandarino e coriandolo – cinque inediti amazzonici, donati dal cuore della foresta e mai utilizzati nella preparazione di un gin: cacao, castagna brasiliana, maxixe, ninfea e cipò cravo. Per questi ingredienti sono stati stretti accordi con i popoli dell’Amazonia che in molti casi hanno visto pian piano la loro economia fiorire grazie al crescente successo del gin, e grazie a questo gli è stato possibile proteggere il loro stile di vita e le loro terre continuando a coltivare i prodotti della loro tradizione. La produzione è rigorosamente sostenibile e tutti i rifiuti vengono riutilizzati nel processo di produzione. Come dice Arturo, “solo fumo e gin escono da Casa Amazzoni”, che oggi è la più grande distilleria artigianale di gin in America Latina, dove si produce il gin più venduto in Brasile, esportato in 15 paesi.
a cura di Federico Silvio Bellanca
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