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Inchiesta di Report sugli allevamenti di suini: animali maltrattati e rischio di contaminazione biologica

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Illustrano una situazione terribile le immagini realizzate dall’associazione Last Chance for Animals e mostrate all’interno dell’inchiesta Che porci! di Giulia Innocenzi andata in onda lunedì 29 maggio nella trasmissione Report di Rai 3. Sono del centro-nord e forniscono animali al Consorzio del Prosciutto di Parma Dop gli allevamenti visitati dalla giornalista, che ha portato alla luce una serie di situazioni di rischio di contaminazione biologica (anche per l’uomo), di maltrattamenti sugli animali e di mancati controlli da parte delle istituzioni preposte.

L’inchiesta di Report sugli allevamenti suini

Un elemento centrale dell’inchiesta sono state le immagini girate da Last Chance for Animals attraverso telecamere nascoste e offerte in esclusiva a Report. Le immagini ritraggono situazioni di maltrattamenti e scarsa igiene all’interno degli allevamenti, in particolare nelle province di Brescia, Cremona e Modena​.

A Mantova, in Lombardia, la giornalista Giulia Innocenzi ha documentato animali nutriti con pastoni a base di acqua ossigenata, estremamente pericolosi per la loro salute. In un altro stabilimento sono stati documentati pericolosi rodenticidi in zone frequentate dai maiali, come i corridoi del capannone o l’interno delle gabbie delle scrofe.

Le condizioni dei recinti sono sotto gli standard minimi previsti: sporchi, con feci e urine che finiscono nei contenitori del cibo e una generale commistione tra i reparti, che al contrario dovrebbero essere tenuti separati per evitare che gli animali malati possano essere vittime di cannibalismo. Sono stati anche rinvenuti maiali malati e feriti, alcuni anche con piaghe o con l’ernia ombelicale, che non vengono sottoposti a cure, oppure soppressi senza l’autorizzazione del veterinario dell’allevamento, come prevedono i protocolli​. Alcuni di questi animali malati sono anche stati vittime di maltrattamenti e violenza prima di essere portati nell’infermeria e abbandonati a un destino di sofferenza.

Ancora più disturbanti le immagini registrate in un allevamento di Brescia, che hanno mostrato le carcasse di suini morti in allevamento lasciate all’aperto (una, in particolare, per tre giorni) e in stato di decomposizione invece di essere riposte in una cella frigo. Un altro aspetto inquietante riguarda proprio quest’ultima, lasciata aperta con un grande quantitativo di carcasse ammassato a temperatura ambiente con un rischio enorme a livello di biosicurezza. Oltre alla cella frigo utilizzata più recentemente, ne è stata rinvenuta un’altra che conteneva scheletri di animali morti con depositi di calce.

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Il problema dei controlli

L’inchiesta condotta da Giulia Innocenzi ha anche messo in luce un rapporto ambiguo tra il consorzio del Prosciutto di Parma Dop e l’ente certificatore CSQA, accusato di avere un atteggiamento indulgente nei confronti delle aziende suinicole che presentavano irregolarità. Questo avrebbe compromesso l’imparzialità necessaria a garantire pratiche di allevamento corrette e la qualità elevata del Prosciutto di Parma Dop​, la cui immagine viene minata dal comportamento di questi allevatori, in un contesto in cui il Consorzio ha poco margine di manovra perché non può occuparsi in prima persona dei controlli.

A verificare il Disciplinare di Produzione dei quasi tremilaseicento allevamenti del Circuito è il CSQA –il più grande Ente certificatore d’Italia – che ha assunto l’incarico a gennaio 2020. Tuttavia, a febbraio 2022, il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali aveva sospeso l’organismo che, come viene mostrato nell’inchiesta, mostra più attenzione per le esigenze e gli interessi di filiera che per le norme di conformità al Disciplinare di Produzione. Nonostante questo, lo scorso dicembre il neoformato Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ha riaffidato l’incarico al CSQA per i prossimi tre anni. Nell’inchiesta viene anche intervistato uno degli ispettori dell’ente che confessa che proprio loro, incaricati di certificare la situazione negli allevamenti, non sono formati per analizzare e valutare il maltrattamento animale.

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