Ghiaccio tritato e sciroppi: sono queste – con le dovute varianti locali – le principali componenti per una buona granita, in Italia e nel mondo. A influenzare la ricetta in molti Paesi è stato il Giappone, con la sua tradizione del kakigori, mentre nella Penisola è la Sicilia a dominare la scena con la classica granita vellutata e dalla consistenza compatta, senza dimenticare la tradizionale grattachecca romana. Ecco 8 varianti di granita per rinfrancarsi durante le belle giornate.
La granita in Italia e nel mondo
Granita siciliana
Primo antenato di questo prodotto è lo sherbet, una sorta di succo di frutta aromatizzato con acqua di rose e poi ghiacciato, una bevanda molto in voga ai tempi del dominio islamico, che gli storici della gastronomia identificano come versione originale della granita moderna. Simbolo per antonomasia di Catania e zone limitrofe, la granita siciliana è stata per tempo realizzata a partire dalla neve raccolta sull’Etna dai “nivaroli” e conservata nelle “niviere” in pietra all’interno delle grotte naturali del territorio. Una volta trasformata in ghiaccio, la neve veniva grattata via e addizionata di sale, prima di essere riposta in un contenitore di acciaio. Mescolando di continuo ghiaccio e miele, i siciliani riuscivano a ottenere una consistenza pastosa e morbida, perfetta per essere assaporata a cucchiaiate, con spremute di limone fresco o arance. Nel Cinquecento nasce il pozzetto, un secchiello di zinco posto all’interno di un tino di legno, utilizzato per il rimescolamento della granita, con tanto di pale per impedire la formazione dei cristalli di ghiaccio. Bisogna attendere il Novecento, con l’avvento delle nuove tecnologie, perché il pozzetto venga sostituito dalla gelatiera e la neve dall’acqua. Ma, tornando ai giorni nostri, quali sono le varianti delle granite nel mondo?
Shaved ice
Un insieme di ghiaccio tritato e colorato con sciroppi, infilato in un cono di carta a mo’ di gelato. A diffondere la ricetta dello shaved ice, divenuto subito uno dei piatti hawaiani più famosi, sono stati gli immigrati giapponesi, che arrivarono sull’isola a metà Ottocento per lavorare nei campi di ananas e zucchero. Con loro, approdò anche il concetto di kakigori, termine giapponese con cui si indica la granita, inventata per riutilizzare i pezzi di ghiaccio rimasti dai grandi blocchi che servivano a raffreddare gli strumenti di lavoro.
Kakigori
Passiamo, dunque, all’originale kakigori giapponese. Quando la temperatura inizia a salire in Giappone non c’è niente di meglio di questa bevanda dissetante per rinfrancarsi dal caldo. Variopinto e dall’aspetto invitante, il kakigori si prepara con ghiaccio tritato finemente, così tanto da renderlo quasi soffice, impalpabile. Queste scaglie di ghiaccio sottili e trasparenti vengono lavorate con una lama apposita fino a raggiungere una consistenza e un aspetto simili a quelli della neve. Infine, vengono versati gli sciroppi, dai tradizionali alla frutta alle varianti più moderne e originali come il tè matcha.
Halo halo
Nelle Filippine, l’halo halo è uno dei dessert più celebri e apprezzati, comfort food amato da grandi e piccini e prezioso alleato contro il caldo torrido. Ingrediente caratterizzante insieme al ghiaccio tritato è il latte evaporato, ovvero un latte condensato non zuccherato, ricavato dal latte fresco privato di circa il 60% di acqua. E poi fagioli mungo, cocco, sago – un amido estratto da una particolare specie di palma – frutta fresca e riso soffiato, a cui talvolta si aggiungono canditi, leche flan (flan di latte) e gelatina: non a caso il nome halo halo significa “mescola, mescola”, proprio per la grande quantità di ingredienti previsti. La nascita della ricetta la si deve ancora una volta ai giapponesi, che occuparono l’isola nei primi anni ’40 e fecero scoprire al popolo nativo le loro specialità, fra cui il kakigori.
Cremolata
Simile alla granita ma con un quantitativo maggiore di frutta, la cremolata (o gramolata) è un composto di acqua, zucchero e circa l’80% di frutta. La frutta viene prima frullata grossolanamente e poi ghiacciata, per essere infine grattata e ridotta in piccoli cubetti e mescolata. Caratteristica fondamentale della cremolata sono i pezzi di frutta ben visibili nel bicchiere, di dimensioni più o meno grandi a seconda del gusto del pasticcere o gelatiere che la prepara. Dalla consistenza granulosa più fine rispetto alla granita, la cremolata più celebre è quella pugliese a base di fichi, anche se è ancora piuttosto diffusa anche in Sicilia, dove però resta al secondo posto rispetto alla classica granita.
Snow cone
Ricorda molto lo shaved ice per via del cono utilizzato per servire il tutto, ma lo snow cone è un prodotto tipico del Nord America, alle volte chiamato anche snowball (palla di neve). Di nuovo, siamo di fronte a un insieme di ghiaccio tritato e sciroppi colorati, disponibile in diversi gusti. Il più popolare? A Baltimora è quello alla crema, nato in seguito alla rivoluzione industriale americana di metà Ottocento, che favorì il commercio del ghiaccio. Le “case del ghiaccio” di New York vendevano principalmente in Florida, dove trasportavano il prodotto in grossi blocchi posti su un carro. Nel bel mezzo del tragitto si passava per Baltimora, dove i bambini erano soliti inseguire il carro per chiedere all’autista un po’ di ghiaccio tritato: fu allora che le madri iniziarono a insaporire l’ingrediente con succhi, sciroppi e cibi dolci fatti in casa, come la crema.
Baobing
Fra i più noti dessert cinesi freddi, il baobing, conosciuto anche con il nome di cuò bīng, un misto di ghiaccio tritato e sciroppo estratto dalle canne da zucchero, diffuso con nomi e varianti diverse anche a Taiwan, in Vietnam e in Malesia. Un tempo, il ghiaccio veniva spezzato a mano con una specie di mazza e poi ridotto in scaglie con l’aiuto di una lama, ma oggi ci sono le macchine in grado di rendere ancora più sottili i pezzi di ghiaccio. In alternativa allo sciroppo dolce, si può usare anche il latte condensato, l’importante è giocare con i topping: fagioli azuki, patate dolci, noccioline, taro. Come sempre, spazio alla fantasia.
Grattachecca
Nella Capitale è la grattachecca a dominare la scena: emblema delle estati romane, questa bevanda è composta da ghiaccio “grattato” da un singolo blocco di grandi dimensioni e sciroppi di frutta. Il nome deriva dal verbo grattare e dalla parola checca, con cui un tempo, prima dell’avvento dei frigoriferi, si identificava il blocco di ghiaccio usato per refrigerare gli alimenti. I primi chioschi dei “grattacheccari” hanno iniziato a diffondersi fra i vicoli trasteverini all’inizio del Novecento, periodo in cui i romani hanno preso l’abitudine di passeggiare per la città sorseggiando la bevanda fresca, una pratica che continua ancora oggi. Una sorta di street food da bere, ben presto divenuto popolare in tutti i quartieri e anche nel resto della Penisola, dov’è conosciuto come ghiacciata (grattatella a Palermo, granatina a Napoli, grattamarianna a Bari).
Ricetta per la granita al caffè, alla mandorla e al limone
Per la granita al caffè
- 500 g di caffè espresso
- 150 g di zucchero
- 50 g di panna fresca
- Per la granita alla mandorla
- 100 g di pasta di mandorle
- 250 g di acqua
- Per la granita al limone
- 2 limoni non trattati
- 150 g di zucchero
- 400 g di cubetti di ghiaccio
Per la granita al caffè
Sciogliere lo zucchero nel caffè caldo, mescolare e congelare nel portacubetti. Al momento di servire tritare i cubetti spatolando a lungo per rendere morbida e setosa la granita. Guarnire con un ciuffo di panna appena montata senza zucchero.
Per la granita alla mandorla
Frullare la pasta di mandorle con l’acqua, versare il latte ottenuto in un contenitore basso o nel portacubetti di ghiaccio e congelare. Al momento di servire tritare i cubetti spatolando a lungo per rendere morbida e setosa la granita.
Per la granita al limone
Con l’apposito rigalimoni ottenere dei fili di scorza e tenerli da parte. Pelare a vivo i limoni eliminando tutta la parte bianca. Inserire nel mixer lo zucchero e metà della scorza di limone e portando tutto ad alta velocità rendere lo zucchero “a velo”. Unire i limoni (eventualmente tagliati a pezzi per eliminare i semi) e i cubetti di ghiaccio e frullare tutto spatolando. Servire subito con la restante scorza come guarnizione.
a cura di Michela Becchi
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