Sale lievemente l’imbottigliato, ma non il valore del vino italiano. È quanto è emerso dall’Annual Report Valoritalia 2024 presentato a Roma, secondo cui le imprese vitivinicole italiane hanno realizzato una piccola crescita nei volumi di vino in bottiglia pari allo 0,54% (che sale al 2,8% se raffrontata alla media dei tre anni precedenti), ma con una riduzione del valore economico. “Colpa” soprattutto di Doc e Docg che hanno rispettivamente registrato un calo del 2,8% e del 5,7%, a fronte delle Igt che invece sono state le protagoniste dell’anno, con una crescita del 16,5%, equivalente a oltre 97,6 milioni di bottiglie. Performance divergenti che hanno condizionato il bilancio economico finale dell’anno, poiché la crescita dell’indicazione geografiche non è riuscito comunque a far fronte alle perdite delle altre tipologie. Di conseguenza, il risultato economico finale è stato negativo per l’1,3%.
Giù Doc e Docg, salgono le Igt
«È un risultato che si presta a molte letture: alcune positive, altre meno, altre ancora decisamente negative – è il commento del presidente di Valoritalia Francesco Liantonio – Negativo è il fatto che a soffrire maggiormente la congiuntura siano state Doc e Docg, ossia le denominazioni che rappresentano il vertice della nostra piramide qualitativa. Basti pensare che nel 2023 solo sette delle prime 30 Doc e Docg abbiano ottenuto un risultato positivo. Viceversa, è incontestabile che la struttura produttiva italiana abbia mostrato una grande adattabilità anche nelle condizioni più difficili. A un calo della domanda in alcuni segmenti di mercato ha corrisposto un aumento dell’offerta di prodotti compensativi, anche se a minor valore aggiunto. Un meccanismo che se da un lato ha consentito di minimizzare gli effetti recessivi, dall’altro ha mostrato, ancora una volta, la grande flessibilità del nostro sistema di imprese».
Traina il Nord Est, va giù il Prosecco
Particolarmente interessante è l’analisi territoriale delle performance: rispetto al 2022, le regioni del Nord Ovest hanno ceduto l’8,3% dei volumi, soprattutto a causa delle contrazioni di due big della viticoltura: Lombardia e Piemonte. Giù anche il Centro Italia (Marche, Umbria, Toscana e Lazio) che ha perso il 5,3% sul 2022 e il 3,2% sulla media del precedente triennio.
A mostrare la miglior performance sono stati i territori vitivinicoli del Nord Est con un incremento del 3,7%; crescita trainata soprattutto dall’Asolo Prosecco Docg e dal Veneto Igt. Ma occhio al Prosecco Doc, vera locomotiva della viticoltura italiana, che ha riportato una fisiologica contrazione del 3,5% dei volumi.
Alle difficoltà indotte dal calo della domanda si devono poi sommare quelle che, molto probabilmente, saranno generate da una delle più scarse vendemmie degli ultimi decenni. Infatti, lo scorso 31 dicembre il volume di giacenze registrato da Valoritalia era pari a 31,76 milioni di ettolitri, inferiore di 2,65 milioni (-7,7%) a quello registrato lo stesso giorno dell’anno precedente. Le perdite maggiori
le hanno subite le regioni del Nord Est (-9,21%) e del Centro Italia (-8,3%), mentre quelle del Nord Ovest hanno sopportato solo un leggerissimo calo, in pratica attestandosi sugli stessi valori dell’anno precedente (-0,26%).
Performance negative per quasi tutte le tipologie
In un contesto economico non particolarmente brillante, i vini rossi hanno mostrato una performance negativa, con un calo del 4,9% sul 2022 e del 4% sulla media del periodo ‘19-’22, gli spumanti bianchi hanno mostrato una flessione del 4,1% su base annua, pur mantenendo un progresso del 6,9% sulla media ‘19 – ’22, i vini rossi spumanti hanno registrato perdite consistenti per entrambi i periodi. Non sono da meglio i bianchi, sebbene con perdite più contenute: -1,9% sul 2022. Bene solo la tipologia bianchi frizzate a +2,4%.
Primo quadrimestre in lieve ripresa
Alcuni segnali positivi vengono dal primo quadrimestre del 2024, con i volumi dell’imbottigliato cresciuti dell’1,1% sullo stesso periodo dell’anno precedente, ma soprattutto con la ripresa di Doc e Docg.
« Non ho elementi per affermare che si tratti di una regola generale, per la quale i periodi di crescita economica favoriscono le vendite dei prodotti di fascia alta e viceversa, ma è rassicurante constatare che il nostro sistema possiede quei requisiti di elasticità necessari per superare anche i momenti più difficili» è la conclusione di Liantonio.
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