Chi è Gian Michele Galliano
Per chi, a tre anni di età, entra con il papà nel ristorante di Paul Bocuse, la strada nella vita non può che essere segnata. L’itinerario delle vacanze per Parigi disegnato sulle soste stellate – Troisgros a Roanne, Pic a Valence, inseguendo i nomi più prestigiosi dell’epoca – non è che il corollario di quell’imprinting paterno. Adesso Gian Michele Galliano, il bambino di allora, di anni ne ha 44 e il suo ristorante è a Vicoforte Mondovì, a due passi da quella meraviglia barocca che è la cupola ellittica del Santuario Regina Montis Regalis. E il papà Giuseppe, l’appassionato di gastronomia che portava il figlio a conoscere le stelle, gioca a fare il maître in un intimo locale con una ventina di coperti (c’è anche un piccolo dehors con una decina di posti). I tavoli in castagno massello sono disegnati dallo chef che prima di maturare la sua vocazione in cucina ha comunque trovato il modo di laurearsi all’Accademia di Belle Arti. Nascono da questa sensibilità estetica anche molti piatti, in pietra e marmo di Ormea che sono pensati per quello che andranno a contenere e poi vengono realizzati da artigiani locali. A essi si abbinano altre collezioni di artisti della ceramica, come il belga Pieter Stockmans.
Euthalia. Il fiore che sboccia
Per il suo nuovo ristorante, Gian Michele Galliano ha scelto il nome di Euthalia: “È una parola greca che significa “fiore che sboccia” e indica anche la mia rinascita, semplicemente quello che desidero ottenere da me stesso e dalla mia cucina.” Una cucina di montagna – siamo nella zona delle Alpi Liguri e Marittime – che deve evocare una passeggiata nei boschi, dove erbe spontanee, fiori, funghi, licheni, cortecce hanno una parte importante. Ingredienti che spesso lo chef ama raccogliere personalmente risalendo quelle vallate che sono state lo scenario della sua avventura professionale. Che debutta con l’apprendistato da Mary Barale al Rododendro di Boves, nome indimenticabile della cucina piemontese a cavallo fra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, per approdare poi in proprio con il ristorante Valentine di San Giacomo di Roburent, il paese natale. “I personaggi che mi hanno ispirato in quel periodo sono quelli di Bruno Barbieri, Walter Eynard, Valeria Piccini, Luca Montersino, Alfonso Caputo, Gaetano Trovato ed Emmanuel Renaut”. Poi la decisione, per motivi personali di prendersi una pausa: occasione per studiare, viaggiare e sentire forte la voglia di rimettersi in gioco come cuoco.
La cucina di montagna di Euthalia
C’è sempre un tocco di vegetale nei suoi percorsi degustazione, a cominciare dalla piccola selezione di burri: quello d’alpeggio, quello alla nocciola e quello infuso con il paleo odoroso, una pianta perenne presente nei prati e nei pascoli di montagna. Un buon inizio, da accompagnare con la focaccia al fieno, lardo e timo serpillo e con gli amuse bouche: il tortino di fagioli e cipolla rossa in carpione, e il flan di porri e cremoso al caprino.
C’è un piatto che sintetizza bene la filosofia di Galliano. Si chiama semplicemente “Il bosco” ed è servito su una corteccia: “Gli ingredienti cambiano con la stagioni, ma sostanzialmente è un insieme di quello che si può raccogliere in una foresta; in autunno sarà un po’ più scuro perché ci sono funghi, lumache, castagne e poi licheni, bacche e quanto si riesce a trovare adesso nel sottobosco.” Il tutto unito da un ragù vegetale che viene definito “schiuma di terra”.
I funghi raramente sono dei porcini, piuttosto si valorizzano quelle varietà minori come i galletti o le colombine che, in un altro piatto, si accompagnano a un pesce d’acqua dolce come il salmerino. “Ho deciso di abbandonare il pesce di mare per concentrarmi sui pesci dei nostri fiumi e laghi”, spiega lo chef.
C’è spazio anche per una strizzata d’occhio alla piccola storia locale, come nel “Soffio di panino con la frittata di Ceva”: per generazioni di piemontesi la sosta del treno alla stazione di Ceva, sulla linea che collega Torino al mare di Savona, era il momento – quasi un rito – dell’acquisto del panino con la frittata servito da inservienti con carrellino che si avvicinavano ai finestrini.
Nella cucina di Galliano ci sono molti elementi che rimandano alla cucina Kaiseki giapponese per l’uso di ingredienti freschi e locali, l’ordine dei piatti, l’equilibrio nelle dimensioni delle portate, l’intermezzo di brodi o tisane. Però quella dello chef monregalese è anche una cucina che lui stesso definisce “istintiva, non totalmente organizzata, che cambia su base quasi giornaliera”, almeno nella rotazione di qualche ingrediente.
Adesso è il periodo della malva, che viene servita come insalatina a corredo di uno stufato di capra e fagioli, piatto tradizionale delle aree di confine fra Piemonte e Liguria.
Tra i piatti da provare c’è la pancia di maialino croccante con cavolo nero, orzo e edera terrestre; oppure la trippa di agnello (della Bisalta), con porri di Cervere, salsa di erbe e polenta, il farrotto con i porcini e salsa al latte, il taglio di costata con salsa di ginepro e la scarola ripassata con mosto cotto.
Dopo un sorbetto al fieno servito come pre-dessert, si chiude con un delizioso latte d’alpeggio gelato con mirtilli selvatici, nocciola e meringa o con il Caramello, cioccolato e genziana.
Euthalia – Vicoforte (CN) – Strada Statale 28, civico 8/c – 0174 563732 – www.euthaliaristorante.it
a cura di Dario Bragaglia
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