Cheese 2023, la grande kermesse dedicata ai formaggi in casa Slow Food è tornata ad animare le strade di Bra, in provincia di Cuneo, con il meglio della produzione casearia italiana e internazionale. Un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati, in cui scoprire grandi prodotti, chicche imperdibili e storie di “piccoli custodi dei prati stabili”. Sono 5, quelle che vogliamo E vi raccontiamo 5 formaggi e 5 produttori da conoscere.
Cacio di Genazzano, il “formaggio di Roma”
È un pecorino storico che potremmo annoverare fra i “formaggi di Roma” perché viene prodotto a Genazzano e Cave nell’area metropolitana della Capitale a una sessantina di chilometri appena dal centro città. Luca D’Ottavi è a Bra con il figlio Federico in rappresentanza delle due aziende che ancora producono questo nuovo presidio Slow Food. “Mi dedico al cacio da più di vent’anni dopo averne appreso i segreti da un vecchio pastore: usiamo solo latte crudo di pecore che pascolano all’esterno per buona parte dell’anno, non aggiungiamo fermenti e usiamo caglio naturale“.
Una delle particolarità del cacio di Genazzano è che le forme sono molto diverse una dall’altra, con peso variabile da 1,5 a circa 4 chilogrammi. Viene prodotto nelle versioni fresco (4 mesi) e stagionato (7 mesi). Da abbinare con un Cesanese di Affile, il rosso del territorio, e può essere grattugiato sul sugo all’amatriciana o su un piatto di cacio e pepe.
Roccaverano, una storia di passione, di capre, di Terre Alte
La famosa antica “robiola di Roccaverano”, celebrato formaggio di quelle terre attorno al piccolo borgo omonimo dell’Astigiano, quest’anno è diventato Roccaverano Dop. Una scelta operata dal Consorzio per ribadire, con un nuovo disciplinare – che il formaggio viene prodotto esclusivamente con latte di capra nella zona di produzione che interessa 18 comuni della provincia di Asti e Alessandria – ha una consistenza totalmente differente e può essere stagionato anche per 3 o più mesi.
A Cheese è presente il Consorzio, nell’area dedicata al Piemonte, e tra i piccoli custodi dei prati stabili ci sono Jerôme e Sara Pfister che a Mombaldone allevano 300 capre camosciate e producono Roccaverano fresco e stagionato. I genitori di Jerôme, dalla Svizzera, regione di Zurigo, sono arrivati qui nel 1991 per acquistare una cascina: e visto che nella zona si faceva il formaggio hanno cominciato a produrlo. Oggi Jerôme, con un gruppo di giovani come lui, accompagna le capre fra pascoli e boschi, produce circa 300 litri di latte al giorno (a mungerle anche un ragazzo indiano, un Bengalese… difficile trovare mungitori), che lavora subito per farne il Roccaverano. Un “custode” di pascoli e formaggi da tutelare.
Fodóm, il formaggio delle Dolomiti bellunesi oggi Presidio Slow Food
In ladino fodóm vuol dire faggio e il formaggio che prende questo nome nasce fra i pascoli e i boschi di Livinallongo del Col di Lana, tra le Dolomiti bellunesi, Patrimonio Unesco. Qui resistono 8 allevatori che conferiscono il latte alla latteria cooperativa dove si produce un formaggio a pasta semicotta di latte vaccino intero crudo, di vacche brune alpine e pezzate rosse, in grandi forme (30 e i 35 cm di diametro, spessore di 7-8 cm e peso di circa 5 kg).
È uno di loro, Christian Grones a essere partito dalle sue montagne per portare a Cheese la grande forma del fodóm tradizionale. Livinallongo – milletrecento abitanti sparsi in diciassette frazioni – sorge ai piedi del massiccio del Sella, e i pascoli si situano fra i 1300 metri e oltre 2000 metri. Pascoli dall’eccezionale varietà di erbe foraggere e fieno altrettanto eccellente: risultato, un latte ricco di antiossidanti e vitamine. Allevare in altura è difficile perché i prati in alta montagna rendono di meno, ma sfalciare i prati e fare il fieno è importante anche per contrastare il dissesto idrogeologico e le slavine. Un lavoro prezioso che va difeso, da cui il Presidio a tutela.
La Mozzarella nella Mortella dell’ex-pugile
Dal Cilento è arrivato a Cheese Mario Di Bartolomeo, uno dei produttori della Mozzarella nella Mortella, Presidio Slow Food della provincia di Salerno. Di mozzarella ha solo il nome, perché in realtà si tratta di un caciocavallo fresco prodotto con latte vaccino crudo. Il nome in dialetto “muzzarella int’a murtedda” chiarisce meglio le particolarità di questo formaggio che i pastori del Cilento interno usavano avvolgere in fasci di mirto per il trasporto a valle o sul mare dove veniva commercializzato. Erano proprio le essenze della macchia mediterranea, oltre al mirto anche la ginestra, a trasmettere il caratteristico sapore. Oggi Di Bartolomeo- alle spalle una storia quasi da film, visto che ha vissuto a New York dove è stato pugile (si allenava nella stessa palestra di La Motta e Muhammad Ali) – nella sua azienda agricola Le Starze a Vallo della Lucania crea a mano, pezzo dopo pezzo, le forme lunghe e affusolate che richiamano la lingua delle mucche e seleziona i rametti di mirto da abbinare al formaggio.
Bleu du Queyras, e i Presidi francesi salgono a 8
Folta, come sempre, la rappresentanza francese, con due new entry fra i Presidi Slow Food, il Bleu du Queyras e la Tomme de la Brigue. Due formaggi che nascono appena oltre il confine italo-francese segnato dalla Alpi Cozie, Marittime e Liguri. A Bra per presentare l’erborinato del Queyras c’è Jérôme Tramuset, responsabile della produzione della Fromagerie La Durance: “il Bleu nasce dal latte delle mucche di razza Tarine, Abondance e Montbéliard alimentate esclusivamente a fieno o erba dei pascoli, secondo la stagione” spiega mostrando le forme che possono pesare fra 1,8 e 2 chilogrammi.
Attualmente sono 25 i produttori che conferiscono il latte e solo 6 i casari che si dedicano alla produzione. “Il nostro è un formaggio storicamente documentato nelle zone del Queyras e dello Champsaur che richiede circa 30 giorni di affinamento, ma la particolarità arriva dal latte prodotto in alpeggio fino a 2000 metri di altitudine”.
Il Presidio mancato
Nonostante sia stato annunciato e citato dalla stampa, non è arrivato a Cheese un altro formaggio prezioso, premiato con il Presidio Slow Food: il geitost artigianale dal Sognefjord, il fiordo più lungo e più profondo della Norvegia, che si produce da oltre 500 anni con latte di capra; un particolare formaggio dolce caramellato a pasta marrone da consumare a fette molto sottili con pane caldo. Difeso dall’associazione nazionale Norsk Gardsost, che si batte per la promozione dei formaggi artigianali e a favore del latte crudo, speriamo di ritrovarlo a Bra per la prossima edizione di Cheese, 2025.
a cura di Rosalba Graglia e Dario Bragaglia
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