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Carne e cioccolato. Alla riscoperta di un abbinamento culinario antico

Carne e cioccolato in cucina

I romani lo sanno bene: il trucco per una coda alla vaccinara che si rispetti, fatta secondo tradizione, è aggiungere un cucchiaino di cacao amaro al sugo. Sembra una mossa azzardata, ma in verità la gastronomia internazionale è ricca di ricette che mescolano carne – in passato anche sangue – e cioccolato, nei piatti più robusti come quello romano, oppure nei dolci. Pasticcini speziati, profumati, ricchi di aromi, che nascondono al loro interno del macinato di manzo, come nel caso degli ‘mpanatigghi di Modica. Ma anche spezzatini e ricette sontuose, di origine rinascimentale, che nella salsa speziata al cioccolato (si raccomanda sempre di usare il fondente per questi accostamenti) trovano una nuova espressione, per niente banale. Ecco qualche ricetta storica da provare.

sanguinaccio

Sanguinaccio, la crema dolce di Sant’Antonio

In Campania c’è – o meglio, c’era – il sanguinaccio, prodotto nato in omaggio a Sant’Antonio Abate, protettore degli animali, delle campagne e dei contadini. Il rituale della macellazione terminava il 17 gennaio, giorno in cui a Napoli si usava raccogliere il sangue per preparare una crema al cioccolato: cacao, zucchero, farina, vino cotto, cioccolato fondente e cacao, grasso di maiale, cedro candito, cannella, chiodi di garofano, uvetta e noci venivano mescolati insieme per creare una salsa densa e saporita. Il sangue, intanto, veniva rimestato continuamente per evitarne la coagulazione, per essere poi filtrato e unito alla crema di cacao cotta in pentoloni di rame. Una ricetta di recupero creata per sfruttare tutti i prodotti derivati dall’animale, messa a punto dai contadini che – come recita il proverbio – del maiale non buttavano davvero niente. Il sanguinaccio si prepara ancora oggi nel periodo di Carnevale, ma dal ’92 la vendita del sangue di maiale è stata vietata in tutta Italia per scongiurare il rischio infezioni: la ricetta si è trasformata così in una semplice crema dolce al cioccolato da abbinare alle chiacchiere.

‘Mpanatigghi, i dolcetti di Modica per nascondere la carne

La forma – e il nome – ricorda le empanadas, ed è infatti probabile che questi dolcetti risalgano al tempo della dominazione spagnola: quel che è certo è che vengono consumati durante il periodo di quaresima e che – come molte altre specialità dell’isola – nascono all’interno dei conventi. Durante il digiuno quaresimale non era consentito consumare la carne, così le monache iniziarono a nasconderla all’interno di una pasta dolce insieme a zucchero, mandorle e cioccolato, così da camuffarne odore e sapore, ma permettere comunque a tutti di recuperare le forze. Si preparano ancora oggi in questo modo nella zona di Modica, solitamente utilizzando il macinato di manzo (in origine, invece, veniva impiegata la selvaggina), mescolato insieme a cioccolato, chiodi di garofano e altre spezie, racchiuso in una pasta fatta con lo strutto e tagliata a mezzaluna.

Mole poblano, il pollo al cioccolato per la festa dei morti

Dalla Sicilia al Messico, dal dolce al salato: nella città di Puebla il cioccolato trova una relazione felice e duratura con il pollo nel famoso mole poblano, caratterizzato da una salsa speziata e affumicata che conferisce carattere al piatto, e che viene utilizzata anche in abbinamento a tamales, enchiladas e riso. È la salsa mole, fatta con cioccolato fondente, peperoncino, pomodori, frutta secca, uvetta, aglio e varie spezie tra cui cumino e chiodi di garofano. Un piatto speciale da preparare nelle occasioni più importanti, come il Día de los Muertos, la festa per commemorare i defunti, oppure per la Festa dell’Indipendenza Messicana. La leggenda narra che fu una monaca a rendere famoso il piatto, servendolo per la prima volta a un re spagnolo in visita, ma la ricetta esisteva già al tempo degli Aztechi, a cui si deve gran parte dello sviluppo della coltivazione del cacao.

Cinghiale in dolceforte, lo spezzatino toscano

Si torna in Italia, stavolta in Toscana. Antica preparazione risalente al periodo rinascimentale è quella del cinghiale in dolceforte, uno spezzatino condito con salsa a base di cioccolato fondente, canditi, uvetta, pinoli e aceto. Particolarmente diffusa a Siena e Firenze, questa salsa era uno dei pezzi forti dei banchetti nobiliari, usata anche per accompagnare altri piatti come la lepre in umido. In origine veniva preparata con rimasugli di dolci, in particolare il panforte e i cavallucci, biscotti tipici toscani dalla forma irregolare profumati con anice e scorza d’arancia, tritati e uniti al cioccolato con il burro fuso, l’uvetta, i pinoli e le noci: gli ingredienti venivano cotti in un tegame con un po’ di aceto per un risultato dal gusto agrodolce perfetto da abbinare alle carni saporite. In realtà, la crema dolceforte fa parte della tradizione toscana già da prima dell’arrivo del cioccolato, quando veniva preparata con frutta secca, uva passa e miele.

La ricetta del sanguinaccio (senza sangue)

  • 2 cucchiai di fecola
  • 500 ml. di latte
  • 400 g. di zucchero
  • 150 g. di cioccolato fondente
  • 70 g. di canditi (cedro o arancia)
  • Cannella e altre spezie a piacere q.b.

Unire a poco a poco la fecola setacciata al latte, lavorando attentamente in modo da non formare grumi. Mettere tutto in una pentola a fuoco basso, aggiungere lo zucchero, gli aromi e il cioccolato fondente tagliato a pezzetti. Far cuocere fino a quando la crema non raggiunge una consistenza piuttosto densa. Aggiungere i canditi e servire in coppette accompagnate dalle chiacchiere.

a cura di Michela Becchi 

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