Ci risiamo. Ogni volta che si parla di carbonara, si apre il dibattito. Stavolta, però, nessuno scandalo, niente polemiche, anzi: sembra che Benedetta Rossi, beniamina della cucina casalinga, abbia sdoganato un grande tabù degli ultimi anni, spingendo tanti altri a fare finalmente il coming out gastronomico che stavamo aspettando. Perché no, la carbonara non esiste solo in versione cremosa.
La carbonara “sbagliata” di Benedetta Rossi
Riavvolgiamo il nastro e vediamo cosa ha detto la Rossi. La star del web stavolta è stata intervistata da Florencia Di Stefano-Abichain, speaker radiofonica e conduttrice del podcast BFF – Best Friend Florencia: durante la puntata del 27 luglio 2023, l’autrice ha chiesto all’influencer quale regola della cucina italiana non le andasse proprio giù. La regina di “Fatto in casa per voi” non ha esitato neanche un secondo: “Io faccio la carbonara sbagliata”. È il piatto che le ricorda l’infanzia, la ricetta della mamma: uova “a frittatina” quindi sbattute e cotte leggermente in padella, poi unite alla pasta. “Attenta a rivendicarlo così” la mette in guarda Florencia, probabilmente fan della crema di tuorli. Ma stavolta, invece, il popolo del web è pronto a dar regione alla Rossi. E anche noi.
La carbonara “vera” non è con la crema
“Praticamente la carbonara di tutte le case d’Italia prima dell’avvento dei social” si legge nel primo commento sotto il post di Instagram di Florencia. È vero, la carbo-crema oggi è la norma ma non è sempre stato così. La storia della carbonara è lunga e complessa: il racconto dei pastori che infilavano nella gavetta spaghetti con uova, guanciale e pecorino è tanto affascinante quanto antistorico. La primissima ricetta uscita in Italia si trova sul numero di agosto del 1954 de “La Cucina Italiana”: aglio, pancetta, groviera, uova e pepe sono gli ingredienti da utilizzare. Altro che crema di tuorli! Golosa, accattivante, bella da vedere (e da fotografare), ruffiana al punto giusto: non c’è da stupirsi che la variante cremosa abbia conquistato così tanti palati negli ultimi anni, al punto da farci credere che fosse l’unica versione possibile.
La carbonara “a frittata”, la ricetta delle case romane
Eppure, noi romani lo sappiamo bene: la carbonara “a frittata” è più comune di quanto si creda. Fino a poco più di un decennio fa, in moltissime case il piatto veniva fatto così: uova condite con pecorino e pepe, cotte appena in padella, il tempo di mantecare la pasta (la regola della crema cruda, da preparare a parte e tenere al riparo dalle fiamme, è storia recente). E, nella maggior parte dei casi, cubetti di pancetta a condire. Storia simile è quella della cacio e pepe, altro gigante della cucina capitolina, che insieme a gricia, amatriciana e carbonara va a comporre quello squadrone imbattile ma soprattutto intoccabile per tutti gli amanti del cibo. Nata come piatto povero, campagnolo, oggi la cacio e pepe è la prova del nove per tutti i cuochi amatoriali, che si sfidano a colpi di frusta per realizzare salse cremosissime. È l’equivalente salato del tiramisù: c’è sempre qualcuno pronto a sfoderare la versione più buona del mondo. E pensare che un tempo non era altro che un pasto frugale, lo spuntino sostanzioso dei pastori che mettevano insieme gli ingredienti a disposizione: spaghetti secchi, pecorino e pepe nero. Et voilà, la cacio e pepe è servita. Ricetta apprezzatissima dagli osti di un tempo, che proprio grazie a questa versione asciutta (talvolta resa più brodosa dall’aggiunta di acqua di cottura, ma mai cremosa) riuscivano a invogliare il cliente a bere ancora più vino.
Che piaccia o meno, quella cremosa è ufficialmente la ricetta più apprezzata e conosciuta della carbonara, piatto simbolo del Lazio ma preparato in tutte le regioni e famosissimo anche all’estero. Per chi preferisse una variante più rustica e asciutta, però, nessun problema: la tradizione è dalla vostra parte.
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